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Solo una rosa, una fulgida rosa Dal vivace color, nata il mattino, Surse a lottar, fidente e coraggiosa, Coll'avverso destino. E alla Morte gridò: "Perchè degg'io "Morire adesso che son nata or ora? "La mia parte di vita io chieggo a Dio... "Io vo' vivere ancora!" "Perchè vivere ancor?" chiese la Morte.

COS. E decider tu dei Se a me più credi, o se più credi a lei. SCI. Io? Ma Dee... Che dirò? FOR. Dubiti! COS. Incerto Un momento esser puoi! FOR. Ti porgo il crine, E a me non t'abbandoni? COS. Odi il mio nome. vieni a me? FOR. Parla. COS. Risolvi. SCI. E come? Se volete ch'io parli, Se risolver degg'io, lasciate all'alma Tempo da respirar, spazio onde possa Riconoscer stessa.

Se gli antichi pastor di rose e fiori sparsero i tempii, e vaporar gli altari d'incenso a Pan, sol perchè dolci e cari avea fatto a le Ninfe i loro amori: quai fior degg'io Signor, quai deggio odori, sparger al nome vostro, che sian pari a i merti vostri, e tante, e così rari, ch'ognor spargete in me grazie e favori?

Essi pur, benchè da loro Lunge sia mio seno oppresso, San che li amo, san che spesso A lor palpito vicin: San che sol la minor parte Di me preda è degli affanni; San che l'alma ha forti vanni, Che il suo vol non ha confin. Lode eterna al Re de' Cieli Che m'ha dato questa mente, Che lo immagina, che il sente, Che parlargli e udirlo può! Morte, invan brandisci il ferro Di che mai tremar degg'io?

NER. Ed io, pur certo che d'oscura vita ti appagheresti meglio, a te prescritta l'avea; ma poi... OTTAV. Ma poi, pentito n'eri: e ch'io non fossi abbastanza infelice, nascea rimorso in te. De' tuoi novelli legami aver me testimon volevi: quí di tua sposa mi volevi ancella; favola al mondo, e di tua corte scherno farmi volevi. Eccomi dunque ai cenni del mio signor: che degg'io fare? imponi.

E che dirti degg'io? corri in battaglia; Tu de la patria, e tu di noi guerriero Posar non dei, quando Ottoman n'assaglia. Quì Trasideo non tacque: il tempo è fiero; Con torbido furor Marte travaglia Nostre speranze; e per trovar salute È da provarsi in arme ogni virtute.

Il novel che sorge, compiuto forse non sará, che fermo fia d'Ottavia il destino, e appien per sempre. TIGEL. E queta io spero ogni altra cosa a un tempo, ove mostrar pur vogli Ottavia al volgo rea, quanto ell'è. NER. Poich'io l'abborro, è rea, quanto il possa esser mai. Degg'io di prove avvalorare il voler mio? TIGEL. Pur troppo.

Degg'io trapassare alpe? o varcar fiume? O trascorrer di mare onde spumose? Tutto farò; di vero amor costume È superar l'insuperabil cose; O chiara fronte, e de' begli occhi o lume Onde avr

FOR. Se brami esser felice, Scipio, non mi stancar: prendi il momento In cui t' offro il mio crin. SCI. Ma tu che tanto Importuna mi sei, di': qual ragione Tuo seguace mi vuol? Perché degg'io Sceglier più te che l'altra? FOR. E che farai S'io non secondo amica L'imprese tue? Sai quel ch'io posso? Io sono D'ogni mal, d'ogni bene L'arbitra colaggiù.

S'ella dice: Nol voglio dite il vero, degg'io far, ch'ella il prenda, col coltello? Don Guottibuossi era un abile prete, e disse: Io vo' parlarle, se il volete. Furon contenti e a lui s'accomandâro. Il prete pensa una sua malizietta. Trova Marfisa sola, ed ebbe caro, ché rado fu trovata o mai soletta.