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Deggio forse narrar come possente Domò l'orgoglio de' vicin nemici, O ne i regni lontan come non lente Spiegò l'insegne a sollevar gli amici? Che più narrar degg'io? l'inclita gente Sempre in guerra ha vibrato arme felici; E questi ad emular forte s'accese Di tanti avi magnanimi l'imprese.

No, la Costanza Sogno non fu: meco rimase. Io sento Il Nume suo che mi riempie il petto. V'intendo, amici Dei: l'augurio accetto. Di te ragiono Quando parlo di lui. Quel nome illustre È un vel di cui si copre Il rispettoso mio giusto timore. Ma Scipio esalta il labbro e Carlo il core. Ah perchè cercar degg'io Fra gli avanzi dell'obblio Ciò che in te ne dona il Ciel!

Così nel caso miserabil, rio Ella il suo nobil cor mostrava aperto, Ed ei del suo signor mostra il desio, E lascia in bando il ragionar coperto: Vera Regina, e che più dir degg'io? Su tua miseria il tuo pensiero è certo, E certo a te sottrai d'alti perigli Altieramente il tuo gran cor consigli.

Posar vo' il cor sovra il tuo cor divino Voglio dirti i miei sensi a ciascun'ora! Traggimi in qual pur sia fiero cammino, Purchè teco io respiri, e teco io mora: Tutti i dolori a te d'accanto accetto, Di viverti discaro io sol rigetto. Per aver l'amor tuo che far degg'io? Pregar soltanto? Ah no, il pregar non basta!

Il tuo nome cantando alla patria, Quali degg'io Fra tue grazie e bellezze moltiplici Più memorar? Dille ch'io per amor la fei bella, Dille ch'amo, ed affetti desìo: S'invaghisca del grande amor mio; Mia belt