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Aggiornato: 25 giugno 2025
Ma tu vuoi dir ch'io te ne desse un altro, è vero? CLEMENZIA. Cotesto è vero. VIRGINIO. Or vedi s'io so' indivino! Ma che è di Lelia, la tua allieva? CLEMENZIA. Eh! povera figliuola, quanto era meglio ch'ella non fusse mai nata! VIRGINIO. Perché? CLEMENZIA. Perché, dici, eh? Gherardo Foiani non va dicendo per tutto che gli è sua moglie e che gli è fatto ogni cosa? VIRGINIO. Dice il vero. Perché?
Se tu sapesse come i tuoi pari mi piacciono... LELIA. Dio vi dia il buon dí, mona Scrocca-il-fuso. CLEMENZIA. Va'. Dállo pure a chi tu debbi aver dato la buona notte. LELIA. Se ad altri ho data la buona notte, a voi darò il buon dí, se lo vorrete. CLEMENZIA. Non mi rompare il capo, ché tu mi faresti, questa mattina... ti so dir io.
Tornando, ivi a pochi mesi, la giovane e trovando che 'l suo amante amava altri e da quella tale egli era poco amato, per fargli servizio, abbandonò la casa, suo padre e pose in pericolo l'onore; e, vestita da famiglio, s'acconciò con quel suo amante per servitore. FLAMMINIO. È accaduto in Modena questo caso? CLEMENZIA. E voi conoscete l'uno e l'altro.
Tornato che fu mio padre da Roma, gli accadde il cavalcare a Bologna per certi intrighi di conti; e, non volendo io piú tornare alla Mirandola, mi messe nel monistero di San Crescenzio in compagnia di suor Amabile, nostra parente, fin che tornasse, che si pensò di tornar presto. CLEMENZIA. Tutto questo sapevo.
CLEMENZIA. Se io lo so, perché mel dici? Segui. LELIA. Perché, se questo non t'avesse ridetto, non potresti saper quel che segue. Avvenne che, in que' tempi, Flamminio Carandini, per esser de la parte che noi, prese stretta amicizia con mio padre; e, ogni giorno, ogni giorno, veniva in casa; e, alcuna volta, molto segretamente mi mirava, poi, sospirando, ancora abbassava gli occhi.
CLEMENZIA. Io vo' saper perché tu vi vai e perché sei uscita del monistero. Oh! Se tuo padre il sapesse, non t'uccidarebbe, povara te? LELIA. Mi cavarebbe d'affanni. Tu credi forse ch'io stimi la vita un gran che? CLEMENZIA. Perché vai cosí? Dimmelo.
Quanto mal volentieri mi separasse dal mio Flamminio tu lo puoi dire, che tante volte me ne asciugasti le lagrime! Alla Mirandola stei uno anno. Poi, essendo tornato mio padre, sai ch'io tornai a Modena e piú che prima innamorata di colui che, essendo il mio primo amore, tanto mi era piaciuto, pensandomi che ancor egli m'amasse come prima aveva mostrato. CLEMENZIA. Pazzarella!
SPELA. Oh pazzo che tu se'! GHERARDO. Oh Clemenzia avventurata! SPELA. Oh bestia mal cignata! GHERARDO. Oh latte ben contento! SPELA. Oh capo pien di vento! GHERARDO. Oh Clemenzia felice! SPELA. Oh! in culo avestú una radice! GHERARDO. Orsú, Clemenzia! Addio. Viene, Spela, ch'io mi voglio ire a raffazzonare. Ho deliberato di vestirmi altrimenti per piacere alla mia moglie. SPELA. L'andará male.
Alcuna volta mi cerca nella sapienzia del mio Figliuolo, e Io le satisfo ponendolo per obiecto a l'occhio de l'intellecto suo. Alcuna volta mi cerca nella clemenzia dello Spirito sancto; e alora la mia bontá le fa gustare il fuoco della divina caritá, concipendo le vere e reali virtú, fondate nella caritá pura del proximo suo.
Io mi maravigliavo ben, io! Sará pur vero quello ch'io mi pensavo. Orsú! Perdonategli: che volete fare? In ogni modo, questa chiappola d'Isabella non vi volse mai bene. FLAMMINIO. Tu dici il vero. PASQUELLA, CLEMENZIA, FLAMMINIO, LELIA da femina e CRIVELLO. PASQUELLA. Lasciate fare a me: ché gli dirò quanto me avete detto, ché ho inteso. CLEMENZIA. Questo è, messer Flamminio, il vostro Fabio.
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