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Aggiornato: 25 giugno 2025


CLEMENZIA. E come, che ha degli anni passati cinquanta? VIRGINIO. Ch'emporta cotesto? Io so' pur quasi al medesimo; e tu sai pur s'io son buon giostrante o no. CLEMENZIA. Oh! De' par vostri se ne trovan pochi. Ma, s'io credesse che voi glie la desse, prima l'affogarei. VIRGINIO. Clemenzia, io perdei ciò ch'io avevo. Ora mi bisogna fare il meglio ch'io posso.

E non potendo avere la confessione, basta la contrizione del cuore. Alora la mano della mia clemenzia vi dona el fructo di questo prezioso sangue; ma, potendo avere la confessione, voglio che l'abbiate; e chi la potrá avere e non la vorrá, sará privato del fructo del Sangue. È vero che ne l'ultima extremitá, volendola e non potendola avere, anco el riceverá.

LELIA. Io non voglio pensare al mal prima che venga. Quando cotesto fusse, ci pensarei e risolvereimi. CLEMENZIA. Che dirá la gente, quando questa cosa si sappia, cattivella che tu sei? LELIA. Chi lo dirá, se non lo dici tu? CLEMENZIA. E questo perché? LELIA. Ti dirò. Flamminio, com'io ti dissi poco fa, è innamorato d'Isabella Foiani e spesso spesso mi manda a lei con lettere e con imbasciate.

Allora el sommo ed etterno Padre, e pietoso, volse l'occhio della misericordia e clemenzia sua inverso di lei, dicendo: O carissima e dolcissima figliuola, el sancto desiderio e giuste petizioni debbono essere exauditi; e però Io, somma veritá, adempirò la veritá mia, satisfacendo alla promessa che Io ti feci e al desiderio tuo.

Alora el sommo ed etterno Padre con benignitá ineffabile volleva l'occhio della sua clemenzia inverso di lei, quasi volendo mostrare che in tucte le cose la providenza sua non mancava mai a l'uomo, pure che egli la voglia ricevere, manifestandolo con uno dolce lagnarsi dell'uomo in questo modo, dicendo: O carissima figliuola mia, come in piú luoghi Io t'ho decto, Io voglio fare misericordia al mondo e in ogni necessitá provedere a la mia creatura che ha in ragione.

Va' cavati questi panni. LELIA. Tanto v'aiti Dio, io arei voglia di marito! CLEMENZIA. Vanne in casa, Gherardo mio. Tutte le donne fan delle citolezze, chi in un modo e chi in un altro. E sappi che poche e forse niuna ve n'è che non scapuzzi, qualche volta. Pure, son cose da tenerle segrete. GHERARDO. Per me, non se ne saprá mai nulla.

Cosí la virtú di questo sacramento vi rimane ne l'anima, cioè che vi rimane il caldo della divina caritá, clemenzia di Spirito sancto. Rimanvi el lume della sapienzia de l'unigenito mio Figliuolo, illuminato l'occhio de l'intellecto in essa sapienzia a cognoscere e a vedere la doctrina della mia Veritá ed essa sapienzia.

Ella lume per lo quale si conosce la tua clemenzia in ogni creatura: ne' giusti e ne' peccatori. Ne l'altezza del cielo riluce la tua misericordia, cioè ne' sancti tuoi. Se io mi vollo a la terra, ella abonda della tua misericordia. Nella tenebre de l'inferno riluce la tua misericordia, non dando tanta pena a' dannati quanta meritano.

CLEMENZIA. Ed un'altra cosa m'è avvenuta, che anco di questo non so che me ne indovinare: ben ch'el mio confessore mi dica ch'io fo male a por mente a queste cose e dar fede alli augúri. VIRGINIO. Che fai, che tu parli cosí drento a te? Egli ha pur passata la befania. CLEMENZIA. Oh! Buon , Virginio. Se Dio m'aiuti, ch'io mi venivo a stare un pezzo con voi. Ma voi vi sète levato molto per tempo.

GHERARDO. Dall'ostaria del «Matto», che v'andai con Virginio. CLEMENZIA. Beveste? GHERARDO. Un trattarello. CLEMENZIA. Or andate a dormire, ché voi n'avete bisogno. GHERARDO. Fammi veder un poco Lelia prima ch'io mi parti; ch'io gli vo' dare una buona nuova. CLEMENZIA. Che nuova? GHERARDO. Gli è tornato suo fratello sano e salvo e che 'l padre l'aspetta all'ostaria. CLEMENZIA. Chi? Fabrizio?

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