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Aggiornato: 25 giugno 2025


CLEMENZIA. Egli si crede certo d'aver te; e dice che tuo padre te gli ha promesso. Ma questo che tu m'hai detto non fa a proposito del tuo andar vestita da maschio e del tuo essere uscita del monistero. LELIA. Se mi lassi dire, vedrai che gli è a proposito. Ma, rispondendo a quel di prima, dico che me non averá egli.

Dixe che tornarebbe, e Egli tornò, perché lo Spirito sancto non venne solo, ma venne con la potenzia di me Padre, con la sapienzia del Figliuolo e con essa clemenzia di Spirito sancto.

Ne l'odio loro riluce la clemenzia ch'e' servi miei hanno a la loro salute; nella invidia loro riluce la larghezza della caritá; nella crudeltá la pietá, però che essi sonno crudeli verso di loro, ed essi sonno pietosi; nella ingiuria riluce la pazienzia, reina che signoreggia e tiene la signoria di tucte le virtú, perché ella è il mirollo della caritá.

FLAMMINIO. Cosí ti giuro; e cosí farei. CLEMENZIA. Tu sia testimonio. CRIVELLO. Io ho inteso; e so ch'egli il farebbe. CLEMENZIA. Ora io ti vo' far conoscer chi è questa donna e chi è quel cavaliere. Fabio! o Fabio! Vien giú al signor tuo che ti domanda. FLAMMINIO. Che ti par, Crivello? Parti ch'io amazzi questo traditore o no? Egli è pure un buon servitore. CRIVELLO. Oh!

CLEMENZIA. Di cotesto guardatevi molto bene, ch'io non voglio esser baciata da vecchi. GHERARDO. Paioti cosí vecchio? SPELA. Che credi? Al mio padrone non sono ancor caduti gli occhi fuor di bocca; volsi dire, i denti. CLEMENZIA. In ogni modo, non avete il tempo che si crede, veggo ben io. GHERARDO. Dillo a Lelia. E sai? Se mi metti in sua grazia, ti vo' donare un mongile.

Se Fabrizio, un , si trovasse ed io avesse dato ogni cosa a costei, si morrebbe di fame; che non vorrei. Ora io la marito a Gherardo con condizione che, se Fabrizio non si truova infra quattro anni, abbi mille fiorini di dote; se ritornasse, ne abbi aver solamente dugento; e, del resto, la dota egli. CLEMENZIA. Povera figliuola! So che, se la fará a mio modo... VIRGINIO. Che n'è?

LELIA. Sète forse aspettata dal guardian di San Francesco? o pure andate a trovar fra Cipollone? CLEMENZIA. Doh! che te venga la febre ben ora! Che hai a cercar tu i fatti miei dov'io vo dov'io stia? che guardiano? che fra Cipollone? LELIA. Oh! Non v'adirate, mona Molto-mena-e-poco-fila. CLEMENZIA. Per certo, io conosco costui; e, non so dove, mi pare averlo veduto mille volte.

PASQUELLA. Come tu hai fatto il tuo. Orsú! Io vo. FLAMMINIO. A Gherardo la vuol maritare? CLEMENZIA. , trista a me! Vedi se questa povera giovane è sventurata. FLAMMINIO. Tanto avesse egli vita quanto l'averá mai. In fine, Clemenzia, io credo che questa sia certamente volontá di Dio che abbia avuto pietá di questa virtuosa giovane e dell'anima mia; ch'ella non vada in perdizione.

Oimè! Che vuol dir questo, figliuola mia? LELIA. Di' piano. Tu mi pari una pazza, a me. Io m'andarò con Dio, se tu gridi. CLEMENZIA. Parti forse che si vergogni? Saresti mai diventata femina del mondo? LELIA. , che io son del mondo. Quante femine hai tu vedute fuor del mondo? Io, per me, non ci fu' mai, ch'io mi ricordi. CLEMENZIA. Adunque, hai tu perduto il nome di vergine?

FLAMMINIO. Io vorrei piú presto esser questo aventurato amante che esser signor di Milano. CLEMENZIA. E che piú? Questo suo amante, non la conoscendo, l'adoperò per mezzana tra quella sua innamorata e lui; e questa poveretta, per fargli piacere, s'arrecò a fare ogni cosa. FLAMMINIO. Oh virtuosa donna! oh fermo amore! cosa veramente da porre in esempio a' secoli che verranno!

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