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Ed ella a me: <<Chi t'ha dunque condotto qua su` tra noi, se giu` ritornar credi?>>. E io: <<Costui ch'e` meco e non fa motto. E vivo sono; e pero` mi richiedi, spirito eletto, se tu vuo' ch'i' mova di la` per te ancor li mortai piedi>>. <<Oh, questa e` a udir si` cosa nuova>>, rispuose, <<che gran segno e` che Dio t'ami; pero` col priego tuo talor mi giova.

E io, che mai per mio veder non arsi piu` ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi ti porgo, e priego che non sieno scarsi, perche' tu ogne nube li disleghi di sua mortalita` co' prieghi tuoi, si` che 'l sommo piacer li si dispieghi. Ancor ti priego, regina, che puoi cio` che tu vuoli, che conservi sani, dopo tanto veder, li affetti suoi.

E quinci rende Virgilio, al quale egli parla, attento a dover guardare al dubbio il quale egli muove, in quanto dice: «Se' savio, e», per questo, «intendi me' ch'i' non ragiono», cioè che io non ti so dire.

d'innanzi mi si tolse e fe' restarmi, <<Ecco Dite>>, dicendo, <<ed ecco il loco ove convien che di fortezza t'armi>>. Com'io divenni allor gelato e fioco, nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo, pero` ch'ogne parlar sarebbe poco. Io non mori' e non rimasi vivo: pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno, qual io divenni, d'uno e d'altro privo.

E qual e` quei che volontieri acquista, e giugne 'l tempo che perder lo face, che 'n tutt'i suoi pensier piange e s'attrista; tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi 'ncontro, a poco a poco mi ripigneva la` dove 'l sol tace. Mentre ch'i' rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco.

PEDANTE. Voi avete il torto. Truffatore io? Absit. VIRGINIO. Prometto ciò che voi volete. Dove è? PEDANTE. Nell'ostaria del «Matto». GHERARDO. La cosa è fatta: i mille fiorini son giocati. Ma che mi fa a me? Pur ch'i' abbi lei, mi basta. Io son ricco d'avanzo. VIRGINIO. Andiamo, maestro, ch'io non credo veder quell'ora ch'io 'l vegghi, ch'io l'abbracci, ch'io 'l baci e lo pigli in collo.

Inferno: Canto XXVIII Chi poria mai pur con parole sciolte dicer del sangue e de le piaghe a pieno ch'i' ora vidi, per narrar piu` volte? Ogne lingua per certo verria meno per lo nostro sermone e per la mente c'hanno a tanto comprender poco seno. S'el s'aunasse ancor tutta la gente che gia` in su la fortunata terra di Puglia, fu del suo sangue dolente

Noi aggirammo a tondo quella strada, parlando piu` assai ch'i' non ridico; venimmo al punto dove si digrada: quivi trovammo Pluto, il gran nemico. Inferno: Canto VII <<Pape Satan, pape Satan aleppe!>>, comincio` Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: <<Non ti noccia la tua paura; che', poder ch'elli abbia, non ci torra` lo scender questa roccia>>.

m'andava io per l'aere amaro e sozzo, ascoltando il mio duca che diceva pur: <<Guarda che da me tu non sia mozzo>>. Io sentia voci, e ciascuna pareva pregar per pace e per misericordia l'Agnel di Dio che le peccata leva. Pur 'Agnus Dei' eran le loro essordia; una parola in tutte era e un modo, si` che parea tra esse ogne concordia. <<Quei sono spirti, maestro, ch'i' odo?>>, diss'io.

Poi, discritta la forma della bestia, dice: «E non mi si partía dinanzi al volto». Appresso dice che questo stargli sempre davanti, che essa «impediva tanto il mio cammino», per lo quale al monte salir volea, «Ch'i' fui per ritornar», nella valle, «piú volte vòlto».