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Aggiornato: 6 giugno 2025
Deh, s'io non vo' l'ingiuria sostenere senza vendetta, incontra a cui mi volto? Fuor che me stesso, altri non so vedere, che m'abbia offeso ed in miseria volto. Io m'ho dunque di me contra a me stesso da vendicar, c'ho tutto il mal commesso.
Tu sei pur negligente! PILASTRINO. Ora non posso dirt'altro, c'ho da fare in fine a sera. Ma vo' che sappi la piú bella berta ch'io tramo adesso. CRISAULO. Non lo vo' sapere. Attende ad altro, e forse ti fia 'l meglio. Ier la vidi duo volte a la fenestra. Felice giorno! PILASTRINO. Ed io piú di sei volte la vidi, dopo bere; e l'abbracciai. Chi è piú felice? CRISAULO. Aimè!
49 Non sappiendo io di questo cosa alcuna, venni al verron ne l'abito c'ho detto, sì come gi
Or così teco a Dammogire io vegno? così nel real seggio mi ricevi? Ah Fortuna crudel, quanto disegno mi rompi! oh che speranze oggi mi levi! Deh, che cesso io, poi c'ho perduto questo tanto mio ben, ch'io non perdo anco il resto? 164 Questo ed altro dicendo, in lei risorse il furor con tanto impeto e la rabbia, ch'a stracciare il bel crin di nuovo corse, come il bel crin tutta la colpa n'abbia.
Ma s'io vedessi qui l'anima trista di Guido o d'Alessandro o di lor frate, per Fonte Branda non darei la vista. Dentro c'e` l'una gia`, se l'arrabbiate ombre che vanno intorno dicon vero; ma che mi val, c'ho le membra legate? S'io fossi pur di tanto ancor leggero ch'i' potessi in cent'anni andare un'oncia, io sarei messo gia` per lo sentiero,
Affrena alquanto questi lamenti e le lagrime e 'l duolo. Dimmi quel c'ho da fare. FILOCRATE. A queste notti, chi era quello che sí destro entrava ne le camere vostre? Ove è l'onore? ove è la castitá? dove è l'offizio che conveniva a saputa servente? Devevil comportar? FRONESIA. Guarda, Filocrate, che non ti inganni; perché veramente io non intendo quel che voglia dire.
61 la man gli prese, quando a punto dava la tazza dove il tosco era celato, dicendo: Ingiustamente è se 'l ti grava ch'io tema per costui c'ho tanto amato. Voglio esser certa che bevanda prava tu non gli dia, né succo avelenato; e per questo mi par che 'l beveraggio non gli abbi a dar, se non ne fai tu il saggio.
100 Se però presa son per non avere uccider lui né prenderlo potuto; il che non mi par giusto; né al parere mai son per star, ch'in questo ha Carlo avuto. So ch'incostante io mi farò tenere, se da quel c'ho gi
RUFINO. Che volete che faccia de vostra composizione, io? c'ho piú caro un carlino che non quanti scartabelli si trovano, ch'io appena li so leggere. PRUDENZIO. Un'altra cosa. Come voi farete figlioli, voglio che li mandate alla nostra scuola senza mercede. RUFINO. E come volete ch'io li abbia, se non ho moglie? PRUDENZIO. Be', quando la pigliarete poi. RUFINO. Voi me avete bello e chiarito.
Bogli bogli, calderon, per dispetto del tuo padron. Oh! co! S'io mi reggo d'allegrezza, ch'io diventi speziale o sbirro. Lascia ch'io fornisca questa, e vengo. Streppiti e calderoni, ch'io li ho impegnati. E viva la ca... Sta', non mi dar la spinta. Eccomi giú. Oimei, c'ho rotto dentro! auhè! FILENO. Chi è quello? Timaro, chi è lá? Senti? Chi grida? Che romore è? Che vuol dir, Pilastrino?
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