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Non isperate mai veder lo cielo: i' vegno per menarvi a l'altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo. E tu che se' costi`, anima viva, partiti da cotesti che son morti>>. Ma poi che vide ch'io non mi partiva, disse: <<Per altra via, per altri porti verrai a piaggia, non qui, per passare: piu` lieve legno convien che ti porti>>.

Guerrier sacrati; e tu di Rodi al regno D'armi altiero maestro e di consiglio, Ecco a' cenni di te pronto ne vegno Or che s'innalza il bel mattin vermiglio; Di salde torri io non vo' far sostegno A nostra speme nel mortal periglio, trar da larghe fosse io voglio scampo, Anzi pugnar per la vittoria in campo.

31 E voglio la maggior gomona meco, e l'ancora maggior ch'abbi sul legno: io ti farò veder perché l'arreco, se con quel mostro ad affrontar mi vegno. Gittar fe' in mare il palischermo seco, con tutto quel ch'era atto al suo disegno. Tutte l'arme lasciò, fuor che la spada; e vêr lo scoglio, sol, prese la strada.

E io a lui: <<Da me stesso non vegno: colui ch'attende la`, per qui mi mena forse cui Guido vostro ebbe a disdegno>>. Le sue parole e 'l modo de la pena m'avean di costui gia` letto il nome; pero` fu la risposta cosi` piena. Di subito drizzato grido`: <<Come? dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora? non fiere li occhi suoi lo dolce lume?>>.

Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno. La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l’aura che trema. E vegno in parte ove non è che luca. Inferno · Canto V Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia e tanto più dolor, che punge a guaio.

«Per tutt’ i cerchi del dolente regno», rispuose lui, «son io di qua venuto; virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno. Non per far, ma per non fare ho perduto a veder l’alto Sol che tu disiri e che fu tardi per me conosciuto. Luogo è l

Povero d'ogni ben, fuor di sostegno, Specchio a gli afflitti io menerò l'etate, Ed in odio di me, finchè non vegno A presentarmi a' rai di tua beltate; Ma se non dassi dal superno regno Per un misero cor bando a pietate, Deh! scendi a consolar col tuo sereno Se non le mie vigilie, i sonni almeno.

Tosto che ’l duca e io nel legno fui, segando se ne va l’antica prora de l’acqua più che non suol con altrui. Mentre noi corravam la morta gora, dinanzi mi si fece un pien di fango, e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?». E io a lui: «S’i’ vegno, non rimango; ma tu chi se’, che se’ fatto brutto?». Rispuose: «Vedi che son un che piango».

Ciò ch'io racconto, rivelossi a pieno Al mondo tutto, ed a narrar nol vegno Perch'io n'aggia diletto, anzi nel seno Ne sento incendio di mortal disdegno; Io n'arrabbio così, che 'l ciel sereno Vorrei far polve, e de le stelle il regno, Vorrei la terra e 'l mar volger sossopra, Ma mio voler non posso porre in opra.

E io a lui: «Da me stesso non vegno: colui ch’attende l