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Andiam, ché la via lunga ne sospigne». Così si mise e così mi intrare nel primo cerchio che l’abisso cigne. Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri che l’aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri, ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi, d’infanti e di femmine e di viri.

Sta l’aura D’atomi d’ôr cosparsa. L’erma pianura immobile, Tutta di foco e polve, Nella luce si avvolve Arsa. L’afa morta, implacabile, Pesantemente piomba. Ne la tristezza fiammea Posa la terra stanca, Come un’immane e bianca Tomba. .... Pace

Io non posso ritrar di tutti a pieno, però che mi caccia il lungo tema, che molte volte al fatto il dir vien meno. La sesta compagnia in due si scema: per altra via mi mena il savio duca, fuor de la queta, ne l’aura che trema. E vegno in parte ove non è che luca. Inferno · Canto V Così discesi del cerchio primaio giù nel secondo, che men loco cinghia e tanto più dolor, che punge a guaio.

La descrizione che ne lasciò Ippolito Pindemonte è artistica: .... spaziose, oscure Stanze sotterra, ove in lor nicchie, come Simulacri diritti, intorno vanno Corpi d’anima vôti, e con que’ panni Tuttora, in cui l’aura spirar fur visti Sovra i muscoli morti e su la pelle Così l’arte sudò, così caccionne Fuori ogni rumor, che le sembianze antiche, Non che le carni lor serbano i volti Dopo cent’anni e più: morte li guarda E in tema par d’aver fallito i colpi⁴⁸⁵.

ombre portate da la detta briga; per ch’i’ dissi: «Maestro, chi son quelle genti che l’aura nera gastiga?». «La prima di color di cui novelle tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta, «fu imperadrice di molte favelle. A vizio di lussuria fu rotta, che libito licito in sua legge, per tòrre il biasmo in che era condotta.

Andiam, ché la via lunga ne sospigne». Così si mise e così mi intrare nel primo cerchio che l’abisso cigne. Quivi, secondo che per ascoltare, non avea pianto mai che di sospiri che l’aura etterna facevan tremare; ciò avvenia di duol sanza martìri, ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi, d’infanti e di femmine e di viri.

Mai non arrise ai verdi campi e a l’aure Più luminosa aurora: Cielo e mare avvolgean fiamme d’incendio Nel delirio de l’ora: Salia dai boschi e da le zolle un palpito Di forza germinale, E largo il vento, come il sogno a l’anima, Dava a le fronde l’ale E i lucenti vessilli in alto ascendere Come trofei di gloria Io vidi, e ognun parea cantare a l’aura D’un popolo l’istoria.

seguitando il mio canto con quel suono di cui le Piche misere sentiro lo colpo tal, che disperar perdono. Dolce color d’orïental zaffiro, che s’accoglieva nel sereno aspetto del mezzo, puro infino al primo giro, a li occhi miei ricominciò diletto, tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta che m’avea contristati li occhi e ’l petto.

E un che ’ntese la parola tosca, di retro a noi gridò: «Tenete i piedi, voi che correte per l’aura fosca! Forse ch’avrai da me quel che tu chiedi». Onde ’l duca si volse e disse: «Aspetta, e poi secondo il suo passo procedi». Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta de l’animo, col viso, d’esser meco; ma tardavali ’l carco e la via stretta.

Oh quanto mi pareva sbigottito con la lingua tagliata ne la strozza Curïo, ch’a dir fu così ardito! E un ch’avea l’una e l’altra man mozza, levando i moncherin per l’aura fosca, che ’l sangue facea la faccia sozza, gridò: «Ricordera’ti anche del Mosca, che disse, lasso!,