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Aggiornato: 11 giugno 2025
Or vegno liberarti: spera e credi, porge la man, né aver, uomo, di téma el spirto sol, d'amor anco 'l possedi. Ma un dono qui ti cheggio, cui l'estrema vertú del ciel, ch'or tu non sai, si pasce, né in lui divina fame unqua vien scema. «Omne nostrum peccatum consuetudine vilescit et fit homini quasi nullum sit, obduruit, iam dolorem perdit et valde putre est nec dolet». HIER.
Per altro sopranome io nol conosco, s’io nol togliessi da sua figlia Gaia. Dio sia con voi, ché più non vegno vosco. Vedi l’albor che per lo fummo raia gi
Or così teco a Dammogire io vegno? così nel real seggio mi ricevi? Ah Fortuna crudel, quanto disegno mi rompi! oh che speranze oggi mi levi! Deh, che cesso io, poi c'ho perduto questo tanto mio ben, ch'io non perdo anco il resto? 164 Questo ed altro dicendo, in lei risorse il furor con tanto impeto e la rabbia, ch'a stracciare il bel crin di nuovo corse, come il bel crin tutta la colpa n'abbia.
Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. E tu che se’ costì, anima viva, p
S’io son d’udir le tue parole degno, dimmi se vien d’inferno, e di qual chiostra». «Per tutt’ i cerchi del dolente regno», rispuose lui, «son io di qua venuto; virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno. Non per far, ma per non fare ho perduto a veder l’alto Sol che tu disiri e che fu tardi per me conosciuto.
S'io son d'udir le tue parole degno, dimmi se vien d'inferno, e di qual chiostra>>. <<Per tutt'i cerchi del dolente regno>>, rispuose lui, <<son io di qua venuto; virtu` del ciel mi mosse, e con lei vegno. Non per far, ma per non fare ho perduto a veder l'alto Sol che tu disiri e che fu tardi per me conosciuto.
117 Rispose Astolfo: Né l'angel di Dio, né son Messia novel, né dal cielo vegno; ma son mortale e peccatore anch'io, di tanta grazia a me concessa indegno. Io farò ogn'opra acciò che 'l mostro rio, per morte o fuga, io ti levi del regno. S'io il fo, me non, ma Dio ne loda solo, che per tuo aiuto qui mi drizzò il volo.
che dal collo a ciascun pendea una tasca ch’avea certo colore e certo segno, e quindi par che ’l loro occhio si pasca. E com’ io riguardando tra lor vegno, in una borsa gialla vidi azzurro che d’un leone avea faccia e contegno. Poi, procedendo di mio sguardo il curro, vidine un’altra come sangue rossa, mostrando un’oca bianca più che burro.
Parla un'Ombra così: Socrate fui, E tra' mortali un'altra volta io vegno, Chè contro a questi nebulosi e bui, Che mal di saggi han nome, arde il mio sdegno. Solo del vero io parlerò, di lui, Ch'unico iddio su la natura ha regno; E, perchè al fronte suo l'ombra sia tolta, Beverò la cicuta un'altra volta!
che dal collo a ciascun pendea una tasca ch’avea certo colore e certo segno, e quindi par che ’l loro occhio si pasca. E com’ io riguardando tra lor vegno, in una borsa gialla vidi azzurro che d’un leone avea faccia e contegno. Poi, procedendo di mio sguardo il curro, vidine un’altra come sangue rossa, mostrando un’oca bianca più che burro.
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