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Aggiornato: 6 giugno 2025


Ma e' veri servi miei non allentano e' passi per le beffe, persecuzioni e ingratitudine loro; anco crescono in maggiore sollicitudine e desiderio. Questo chi el fa, che con tanta fame bussino alla porta della mia misericordia? La providenzia mia, che proveggo e procuro insiememente la salute di questi miseri, e augmento la virtú e cresco il fuoco della dileczione della caritá ne' servi miei.

Mattia mostrava in quei giorni d'aver animo più alto del suo padrone; e se ne stava lassù colla testa su due guanciali, come il maggior pericolo fosse stato quello di vedere il mare levarsi a quell'altezza, e d'affogarvi dentro. Stato uomo da sbarragli tutta la giovinezza, stimava cose da beffe le brighe presenti; e il suo più gran da fare, era di reggere il cuore al pievano.

ESSANDRO. Deh, perché mi burli e aggiungi beffe a beffe? PANURGO. Allegrati della mia allegrezza adesso, come io mi son allegrato della tua: ch'io ho ritrovato mio figlio. ESSANDRO. Chi è tuo figlio? PANURGO. Vieni in casa e lo saprai, ch'io non vo' tanto prolungar il tempo che possi abbracciare e stringere la tua Cleria piú che una tanaglia.

"Ed averne le beffe universali", aggiunse colla sua voce dilicata, e con tal modo di rimprovero la Contessina. Stretto così da tutte le parti divenne pel Conte impossibile il battersi in ritirata.

SPELA. Voglio intender questa novella. SCATIZZA. Com'io bussai alla ruota, subito tutta la stanza s'empí di suore; e tutte giovane e tutte belle come angeli. Comincio a domandar di Lelia. Chi ride di qua, chi sghignazza di ; tutte si facevan beffe del fatto mio, come se io fusse stato un zugo melato. SPELA. Addio, Scatizza. E donde si viene? Oh! Tu hai delli zuccarini. Dammene.

Il Collini non lo sapeva ancora; ma l'amarezza che ne sentiva in cuore, gli faceva indovinare come i suoi proprii diportamenti fossero la cagione di tutto, e com'egli ne avesse il danno e le beffe. Povero Collini! Con tutto il suo ingegno e la sua avvedutezza, esser riuscito a fare la parte del bietolone!

Alle beffe dal Chiacchiera. Tuccio di Credi aveva aggrottate le ciglia e si era morso le labbra. Indi, facendo spallucce, aveva risposto: Che grullerie! Basta che il primo venuto dica una cosa per chiasso, perchè tu ci fabbrichi subito un ragionamento. Gi

Dite piuttosto, interruppe il Conte con maligno sorriso, dite piuttosto che i drudi di femmina sessagenaria voi gli avete nella immaginativa vostra pescati pel bisogno di trovare in altri le colpe, che scusino le vostre; dite, che la cagione che vi muove sta nel desiderio, che l'usufrutto di vostra madre cessi; in questo so darvi torto, imperciocchè conosca come i padri eterni facciano i figli crocifissi se non co' chiodi, almeno coi debiti; il torto, che io vi do, è aver voluto prendervi beffe di un povero vecchio e giucare meco dello astuto...

Risi anche di lui. Con rimorso, anzi con un vero dispetto contro me stessa, poi, perché vidi che il mio riso si confondeva con quello di tutti gli altri sciocchi che si facevano beffe di lui. Belcredi. Press'a poco, come di me. Donna Matilde. Voi fate ridere con la smorfia d'abbassarvi sempre, caro mio, mentre lui, al contrario! C'è una bella differenza! E poi, a voi, vi si ride in faccia!

Era stato il solo, fra gli amici di Folco, che in quella baraonda di gente avesse tenuto il contegno adatto. Egli poteva prendersi lievemente beffe di Giustina Baguzzi o di qualunque altra signora caduta in quella riunione come una mosca nel latte; ma Gioconda Dobelli, fatta quel giorno contessa Gioconda Filippeschi, non era, non poteva, non doveva essere che la contessa Filippeschi, moglie di un gentiluomo suo amico: nessuno aveva diritto a chiedere perchè, a rammentar la mancanza di cinque secoli di nobilt

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