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MANGONE. Centocinquanta. FILIGENIO. È caro. MANGONE. Di questo che vi dico ora, non ne torrò un quattrino ché farei torto a me stesso in dimandarne meno, e voi a darmegli: cento scudi. FILIGENIO. Ed io non vo' far torto a te che ne dimandi il giusto, a me che lo conosco, al merito del schiavo. Eccoti cinquanta scudi: con l'arra che avesti prima, giongono al prezzo che m'hai chiesto.

E diceva anche: Povero bambino, e molte altre volte, Caro, perchè non vieni? tanto aspettarti? ma avesti paura, eh? Egli è burbero, ma è buono» ed altre cose senza senso, perchè era fuori di . Gi

ERASTO. Perché tu non avesti mai bontá fede, col paragon del tuo animo fai giudicio degli altri e pensi sia qualche traditore. DULONE. Io non lo penso ma lo credo. ERASTO. A che te ne sei avvisto?

CINTIA. Ti giuro su la mia fede che non solamente non ho ciò fatto, ma meno mi passò per il pensiero giamai! ERASTO. Che fede fede? che fede hai o avesti tu mai? La tua fede ti serve per ingannare chi ha fede nella tua fede. CINTIA. «Chi non ha fede non crede». Ti giuro da quel che sono! ERASTO. Da un disleale, da un traditore. CINTIA. Credete a me!

BALIA. Volete dunque dir che vostra nipote sia una puttana, e io una ruffiana? ORGIO. Sotto onorata maestra non potea imparar altre opre di quelle ch'ave imparate. BALIA. Questo guadagno dopo la servitú di trent'anni in casa vostra? ORGIO. Questo guadagno io con te, dopo averti amata e onorata trent'anni in casa mia, che al fin avesti a svergognarmi la nipote?

Il duca fu per scoppiar dalle risa, udendo l'acutezza di colui; pur si trattenne, e vòlto in una guisa che parve uscito da que' luoghi bui: Com'hai l'alma dal ben far divisa, prostituito nobile; e da cui avesti educazion infame e vile, cavalier da taverna e da porcile? Filinor non si scuote e non si move.

La mia letizia mi ti tien celato che mi raggia dintorno e mi nasconde quasi animal di sua seta fasciato. Assai m'amasti, e avesti ben onde; che s'io fossi giu` stato, io ti mostrava di mio amor piu` oltre che le fronde. Quella sinistra riva che si lava di Rodano poi ch'e` misto con Sorga, per suo segnore a tempo m'aspettava,

La mia letizia mi ti tien celato che mi raggia dintorno e mi nasconde quasi animal di sua seta fasciato. Assai m'amasti, e avesti ben onde; che s'io fossi giu` stato, io ti mostrava di mio amor piu` oltre che le fronde. Quella sinistra riva che si lava di Rodano poi ch'e` misto con Sorga, per suo segnore a tempo m'aspettava,

Ma non vorrei che mentre attendo all'utile commune di un altro guadagno, che mangiaste senza me e mi rubbasti la parte mia, giaché sète ladri senza vergogna, senza legge e senza fede, che arrobbaresti voi stessi quando non avesti altri a chi rubbare. GRAMIGNA. Sarebbe cosa nuova forse? non ce l'avete insegnato voi?

Povera Maria! sola avevi un cespo di viole! Ed io non conoscevo la tua fossa scavata da meno di un anno! Tu avesti la coltre, la corona, la croce, l'ultime memorie sulla terra, tutte bianche, com'io potevo averle! Povera morta! natura, tristissima inventrice di martiri, t'aveva solo concesso l'amore della tua mamma, e tu, pallida, vedesti svanire ad una ad una le frementi illusioni della giovinezza, e tu, pallidissima, stringendoti al seggiolone della mamma, ti sentisti più vecchia di lei.... Ohimè! spezzato lo specchio, sciupati i fiori sul davanzale della finestra, dispettosamente sturbati i nidi delle rondini, letta e riletta la Filotea, tu aspettavi.... i capegli grigi! Il dolore potè più che la religione, sterilissima d'affetti nell'anima inaridita: e vennero i in cui ancora ti specchiasti, in cui volesti i fiori e le rondini, in cui leggesti l'amore nel gran libro del cielo: ohimè! era l'illusione del passato illuso, non le speranze dell'avvenire! E da quei la passeggiata dai colli la riducesti al solo giardino, poi al solo corritoio, poi alla sola stanza della mamma! E quando la testa si chinò sotto al peso dei capegli, trovasti il raggio di sole venirti solo a visitare sul letto: forse, vedendo la luna strisciare sulle coltri colle meste luci della notte, ti presentisti gi