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Aggiornato: 5 luglio 2025
Pensava poi di vedere tutte le donne di Firenze quando si levano: e forse che i' non arei potuto farlo, potendo andar per tutto senza esser veduto! So diceva io che non gioverá far meco lo schizzinoso di non voler esser vedute, perché le giugnerò in lato che non potranno nascondermisi! E giá mi pareva essere a' ferri, quando, cosí dormendo, mi ricordai che stasera si faceva una veglia.
GHERARDO. Tace, bestia, ché non lo dico per cotesto, io, no. SPELA. Perché lo diceste adunque? GHERARDO. Perché arei tante volte abbraciata, baciata e tenuta in collo la mia Lelia dolce, di zuccaro, d'oro, di latte, di rose, di non so che mi dire. SPELA. Oh! ohu! Padrone, andiamo a casa. Sú! presto! GHERARDO. Perché? SPELA. Voi avete la febbre e vi farebbe male lo star qui a questa aria.
NEPITA. Padrona, di grazia, ascoltate, ché certo sará altro di quel che pensate. SANTINA. Ragiona presto, finiamola: ti vo' dar questa sodisfazione prima che facci la festa di fatti tuoi. GERASTO. Sappi per certo, moglie mia cara, ch'io son stato innamorato di Fioretta, e per dirtelo chiaro, arei pagato la robba, i figli e la vita, per godermi una volta lei,...
GIRIFALCO. Dimmi altro, se vuoi nulla. PILASTRINO. Oh! Va', ch'io voglio, per non cenar da me, venir teco io a casa tua. GIRIFALCO. Perdonami. Non posso. PILASTRINO. E perché questo? Oh! co! La cosa è guasta. Oh! che spilorcio! GIRIFALCO. Ho forestieri a casa. Un'altra volta, poi. PILASTRINO. Ed io che sono? Arei pensato aver luogo nel letto ove tu dormi. T'ho pure ancor fatto qualche piacer.
GERASTO. Forastiero, questi bravi per non azzuffarsi e porsi a pericolo di ferirsi, si sono accordati insieme. NARTICOFORO. Cosí mi pare, e videre videor trattato da un barbagianni. GERASTO. Poco anzi diceva che si chiamava Pantaleone e or dice che si chiama don Pedro Caravaial. NARTICOFORO. Oh, come arei a caro che la rabbia che avevamo contro noi, la disfogassimo contro loro!
Onde s'è vero quello amore ch'ha detto portarmi, e se non ha sepolto con la lontananza la memoria di chi tanto mostrò d'amare, ch'or è tempo mostrarlo; non lo spaventi periglio o fatica, che solo a chi ben ama ogni affanno è legiero.... BALIA. Ascolta, Mastica. OLIMPIA.... Arei molto che dirti.
SQUADRA.... E accioché la cosa vada meglio ordinata, arei a caro che consertaste un poco gli atti e le parole, accioché incontrandovi con esse la cosa riesca piú verisimile e naturale. TRASILOGO. Cominciate su. Cominciate di grazia. TEODOSIO. Dunque sei pur viva, o Sennia mia consorte cara! SQUADRA. Buon principio! riesce bene, piú meglio ch'io non pensava.
LAMPRIDIO. O Giulio fratello, ché persona piú desiderata non arei potuto incontrar oggi! GIULIO. Dio vi salvi e vi dia mille buon giorni! LAMPRIDIO. Un solo basteria a farmi felice. GIULIO. Se soverchiano a voi siano per i vostri compagni; a voi, Protodidascalo. PROTODIDASCALO. Oh come optatissimo ti obietti agli occhi nostri! LAMPRIDIO. Che sai d'Olimpia mia?
Se ben ho ragionato oggi con Amasia, non mi fece di voi parola mai. LIDIA. Io non arei stimato né col pensiero che in un gentiluomo, come voi sète, vi fusse cosí mala creanza e tanto tradimento che neghiate or quello che non vi vergognaste di farlo con tanta sfacciatezza. ERASTO. Che rispondi, Cintio? DULONE. Non vedete il tacere e il timore, che sono i perpetui compagni della colpa?
Se la fortuna mi favorisse in farmi trovar Pardo, il mio marito, e Attilio, il mio figlio, vivi, le perdonarei la servitú di vent'anni e la perdita di Cleria mia figlia; mi faria dimenticar de tutti i passati disaggi; né io arei che piú desiderar in questa vita. Ma veggio un giovane venir costá; dimanderò di lui.
Parola Del Giorno
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