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A un tratto, mi ricordai d'un appunto preso sul mio quaderno prima di partire per l'Olanda, mi fermai, e feci al mio compagno questa domanda: "Le serve son anche in Olanda il tormento eterno delle signore?"

Dall'alto dell'emissario di Claudio si vede assai bene tutta la superficie del lago ed i monti all'intorno. A mezzogiorno si elevano i monti di Sora; nel vederli mi ricordai delle mie gite sul Liri. Cinque anni fa da Sora, dove mi ero dovuto fermare in quarantena, essendo scoppiato il colèra, volevo partire per Avezzano, ma i briganti m'impedirono di prender quella via.

Mi ricordai che un tempo v'era in Bracciano una stamperia, da cui, per uno strano caso, nell'anno 1624 era uscita la prima edizione della Vita di Cola di Rienzo, una delle più pregevoli opere della storiografia romana del XIV secolo. Non mi fu possibile trovare alcuna traccia di questo stabilimento, impiantato, chi sa per quale ragione, a Bracciano.

Quando mi sentii stanco, m'inerpicai sopra uno scoglio e m'assisi. Ricordai allora ciò che il signor S. aveami detto la sera innanzi dell'isola di Sardegna, e il suo invito di recarmivi con lui per alcuni giorni.

Raimondo se ne accorse e venne più spesso da me; talvolta si trattenne meco, ma poi che non mi sfuggiva lo sforzo che egli vi poneva, gliene fui grato, ma disperai d'arrestare il fantasma della nostra amicizia che si era oramai dileguato. Mi ricordai d'Eugenio. Forse verso di lui io era assai colpevole; ma la lontananza non avea reso lui meno colpevole di me.

A San Miniato, a Firenze, come Ti ricordai! E quando ero solo, a Mantova nel palazzo Ducale; a Verona, nel giardino di casa Giusti; nel cimitero di Brescia, come Ti volli! come ero infelice! Ero tanto solo! O Lidia, se Tu avessi provato quei momenti di ardentissima passione e di immenso sconforto!

L'Académie diceva qui est pleine de bonté pour moi. E mi ricordai di quello che avevo inteso dire: che in non so quale occasione, comparendo lui all'Accademia, tutti gli accademici, caso rarissimo, si alzarono in piedi.

Ricordai: «che più d'un anno addietro» dopo Aspromonte «io aveva dichiarato pubblicamente ch'io ripigliava tutta la mia indipendenza e non avrei più patti se non colle inspirazioni della mia coscienza e delle circostanze» e dissi: «credere debito mio verso me stesso e il Partito serbare inviolata quella mia indipendenzaDissi: «ch'io non potevo avere fiducia nella fermezza delle deliberazioni di chi seguiva le inspirazioni dell'Imperatore Francese e presentiva che, dove le intenzioni di Luigi Napoleone diventassero favorevoli all'Austria, un telegramma di Parigi agghiaccierebbe in un subito le tendenze bellicose governative.

Pensava poi di vedere tutte le donne di Firenze quando si levano: e forse che i' non arei potuto farlo, potendo andar per tutto senza esser veduto! So diceva io che non gioverá far meco lo schizzinoso di non voler esser vedute, perché le giugnerò in lato che non potranno nascondermisi! E giá mi pareva essere a' ferri, quando, cosí dormendo, mi ricordai che stasera si faceva una veglia.

In buon punto mi ricordai che a Madrid m'era stata data una lettera di raccomandazione per un signore di Toledo; corsi all'albergo, la presi e mi feci condurre subito in casa sua. Il signore c'era e mi ricevette cortesemente. All'udire pronunziar il mio nome provai una gioia che gli avrei gettato le braccia al collo. Era il signor Antonio Gamero, autore d'una stimatissima Storia di Toledo.