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LIDIA. Se voi volete esser cosí mio come io son vostra, non bisogna far altra violenza; ché cosí facendo mostrate il poco amore. Balia balia, aiutami, dove sei? BALIA. Son qui impedita; verrò or ora. E che pensiate che sia ciò? Va', fidati d'amici, va'. Ecco gli amici d'oggi: tutti interessi e dissegni. Chi mostrò ad uomo amicizia piú leal di costui? e or gli fa cosí gran tradimento.

Aiutami, Tullio! Aiutami! Stringeva forte, assai forte, ma non a bastanza per me che avrei voluto sentirmi penetrare nel braccio le sue unghie, smanioso di uno spasimo fisico che mi accomunasse allo spasimo di lei. E, tenendo puntata la fronte contro il mio omero, metteva un mugolio continuo.

FORCA. Romper la testa a chi se la rompe ogni ora per pensar trappole per vostro serviggio? fermatevi, vi dico. PIRINO. Non mi fermarò, se prima non ti arò cavato il core. FORCA. Volete cavar il cuore a chi ha cavato i danari dal cuor di vostro padre? Cancaro, io l'ho scappata bene, aiutami tu, Panfago! PANFAGO. Or ora torno. PIRINO. Assassin cane, ti voglio aprire il petto!

A le prigioni, ah? Morrò pur dunque, un tratto, e farò sazi quegli avoltori ch'entro il petto ogni ora pasco col core: anzi, una donna; io mento: una fera crudele. A quanto strazio m'hai riserbato, Amore? Anzi, son morto. Dico che no. Ah! Cecco di Bertella, aiutami, che sia scannato a brenti! E tu, Giannosso, che sia scorticato! Chi l'avria mai creduto?

Il povero Pietro, balbettò Matteo ansando, sudando, cercando di sollevarlo e di tenerlo fermo. Ha le convulsioni! Diventa matto! Aiutami, Gioconda!... Evelina! Prendi dell'acqua! Dell'aceto! Una di quelle bottiglie di cognac che ho mandato dal Cova per il pranzo! Evelina corse a prendere la roba: Matteo e la Gioconda portarono Pietro sul canapé. Tienlo forte, Gioconda!

! devo! devo! disse Anne-Marie, quasi piangendo. Il visitatore, sorridendo acidamente, si alzò per prendere congedo. Temo disse che per le ragazzine troppa musica non faccia bene ai nervi. , che fa bene! gridò Anne-Marie, disperata e piangente. E come Nancy la confortava cingendola col braccio, la bambina singhiozzò: Mamma, digli una cosa! digli una cosa che io non so dire! Aiutami.

Bene; ed io che ti sono amico, io che son passato per la tua stessa trafila... A proposito, c'è un verso di Virgilio che dice a un dipresso la medesima cosa; ma io non ho più pratica col latino. Aiutami un po'; gli è un verso della regina Didone... Ah , non ignara mali, miseris succurrere disco. Tristano, tu hai proprio un cuor d'oro. Così avessi le tasche. Ma via, non ci lagniamo.

Tu vorrai che io ti soni, FESSENIO. Oimè! oimè! La va male. Spacciato è il fatto nostro; ogni cosa è guasta; tutto è scoperto; ruinati siamo. MERETRICE. Che cosa è? FESSENIO. Rotto è il disegno. MERETRICE. Parla, Fessenio: che c'è? FESSENIO. Aiutami, Sofilla. MERETRICE. Che vuoi? FESSENIO. Piangi, lamentati, grida, scapigliati. Cosí! ! MERETRICE. Perché? FESSENIO. Presto lo saperrai.

Tu però sei disposto ad accettarne i benefici. Prendo quello che trovo. Mi faresti desiderare la miseria. Sono gusti. Del resto, ti giuro che non so nulla. Ebbene, non pensar male. Vuoi che non pensi male? È fatto. Non penso male. Non si può parlare sul serio con te. Aiutami a serrare le cinghie. Povera Lucia eh? senza salario veniva! È la sola a cui oso ancora dare di tu.

Ma voi vi promettete molto di me e v'imaginati che con quella agevolezza che dite «aiutami», che subito siate aiutato. L'invenzioni son facili a trovar, ma al riuscir ti voglio: il dir e il fare non mangiano spesso in una tavola: credete di me l'incredibile e pensate che possa l'impossibile. ATTILIO. So che dalla tua scuola sogliono uscir molte buone opre.