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Così dove men sodo era il terreno De l'ima valle ivi per noi s'aperse, Ed Alcman vi si pose, indi non meno De lo stesso terren si ricoperse. Ma chi giammai potrìa narrare a pieno Di che misere lagrime t'asperse? Al mesto loco alfin volgemmo il tergo, E tornammo dolenti al patrio albergo.

Lasciateci stare, rispose questo nell'istesso tono: mancò poco che non c'incontrassimo con la forza! Per la madonna! Calavamo pel bosco di Lanzeria, e giù nel torrente c'erano i bersaglieri.... noi non l'avevamo veduti: fortuna che ce n'avvertì un porcaio! Tornammo subito indietro, e dovemmo fare un gran giro. Basta, grazie a Dio l'abbiam scampata bella, e siamo qua.

Quando tornammo in Ollmont la mamma mi parve invecchiata di dieci anni. Era stata malaticcia tutto l’estate e più curante di non farcelo sapere che di guarirne. Dalla faccia stravolta del babbo, capii la gravit

Tornammo a passare il Nervión, e, salendo al passo per vie scoscese, il vetturino ci condusse all’alta basilica di Begoña, costrutta sovra un poggio dal quale si scopre in tutta la sua vastit

La sola cosa mangiabile era il montone allo spiedo. Nemmeno il cuscussu, il piatto nazionale dei mori, fatto con grano tritato della grossezza della semola, cotto a vapore e condito con latte o brodo, perfido simulacro di risotto , nemmeno questo famoso cuscussu, che piace a molti europei, mi è riuscito d'inghiottirlo senza cangiar colore. E ci fu qualcuno di noi che, per punto, mangiò di tutto! cosa consolante la quale dimostra che in Italia ci sono ancora dei grandi caratteri. A ogni boccone, il nostro ospite c'interrogava umilmente collo sguardo, e noi, stralunando gli occhi, rispondevamo in coro: Eccellente! Squisito! e buttavamo giù subito un bicchier di vino per ravvivarci gli spiriti. A un certo punto, scoppiò nel cortiletto una musica bizzarra che ci fece balzar tutti in piedi. Erano tre sonatori, venuti, come vuole il costume moresco, a rallegrare il banchetto: tre arabi dai grandi occhi e dal naso forcuto, vestiti di bianco e di rosso, uno colla tiorba, l'altro col mandolino, il terzo col tamburello; tutti e tre seduti fuori della porta della nostra stanza, vicino a una nicchietta dove avevano deposto le pantofole. Tornammo a sedere e i piatti ricominciarono a sfilare (ventitrè, comprese le frutta, se ben mi ricordo) e i nostri volti a contorcersi e i turaccioli a saltare in aria. A poco a poco le libazioni, l'odore dei fiori, il fumo dell'aloé che ardeva nei profumieri cesellati di Fez, e quella bizzarra musica araba, che a furia di ripetere il suo lamento misterioso, s'impadronisce dell'anima con una simpatia irresistibile; ci diedero per qualche momento una specie di ebbrezza taciturna e fantastica, durante la quale ognuno di noi credette di sentirsi il turbante sul capo e la testa d'una sultana sul cuore. Finito il pranzo, tutti si alzarono e si sparpagliarono per la sala, per il cortile, per il vestibolo, a guardare e a fiutare da ogni parte con una curiosit

«Tornammo a casa al tramonto, mentre sul cielo d'oro si accendevano innumerevoli lune d'argento. Ella montò su in camera, dovendo vestirsi per il pranzo e per il teatro: passando dinanzi ad un ufficio di locazione avevamo prese due poltrone per l'«Opéra». La lasciai salir sola. Se avessi obbedito all'istinto, l'avrei seguita come la sua propria ombra; ma non volevo che le mie assiduit

Tornammo subito indietro per annunziare la grata novella; quale non fu la nostra maraviglia, quando, fatti pochi passi dal campo, incontrammo delle signore che si erano spinte arditamente fino lassù; signore che infangavano nelle pozzanghere i loro stivaletti aristocratici e che ci salutavano sventolando i fazzoletti, sorridendoci con un'angelica grazia.

Ecco! Avevo fatto appena una cinquantina di passi, quando sento a gridare di dietro: «Ehi, ehi, quel giovanePensando che si potesse parlare a me mi volto, e vedo il garzone che correndo mi raggiunse in breve e mi disse: «Venite, il padrone vuol ancora parlarviTornammo insieme nel fondaco. «Sapete voi che cosa mi scriva quel birbante?» (ha detto proprio così) mi domandò suo zio con voce di collera. Io risposi che non sapevo di niente. «Date qui quella letterasoggiunse ancora più burbero e sdegnoso. Io glie la diedi: la prese, la girò e rigirò fra le mani, la spiegazzò quasi con rabbia e poi la gettò senza aprirla sopra il banco. «Che cosa fatemi domandò ruvidamente, vedendo ch'io non muoveva. «Aspetto la rispostagli dissi. «Eh! non c'è risposta da fare, mi disse di mala grazia; andate pure pei fatti vostriEro gi

Partimmo da Aquino, contenti di aver veduto questo paese, tornammo sulla strada di Capua e in un'oretta arrivammo ai piedi del monte Cairo; girammo il monte, avendo innanzi agli occhi l'anfiteatro romano di S. Germano, citt

Quando tornammo ad Aspra, il sindaco stava sulla porta della sua casa, e ci invitò ad entrare. Il bravo uomo si chiamava Asprone; poteva perciò vantarsi di incarnare perfettamente la comunit