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Le sei baiadere, che avevano in mano vassoi e coppe di cristallo, versarono dei sorbetti. Poi, cominciarono una specie di danza, anzi di pantomima, dagli atteggiamenti molli e strani compresi di uno sguardo, sentiti come un rimescolamento, e cui alcuna parola non potria pingere.

Girai in mezzo ai soldati. I ragazzi erano divisi in gruppi di trenta o quaranta e si divertivano a inseguirsi o a saltarsi gli uni gli altri, appoggiandosi le mani sulle spalle. In alcuni gruppi però il divertimento consisteva in una specie di pantomima, che, appena ne capii il significato, mi fece rabbrividire. Rappresentavano l'amputazione delle mani, il taglio della testa col coltello ed altri supplizi ai quali probabilmente avevano assistito parecchie volte. Un ragazzo faceva da caid, uno da boia, uno da vittima; questo, quando gli era tagliata la mano, fingeva di tuffar il moncherino nel catrame; un altro raccoglieva la mano recisa e la buttava in pasto ai cani; e tutti gli spettatori ridevano. Le faccie patibolari che avevan la maggior parte di quei soldatuccoli, non si possono descrivere. Ve n'era di tutte le sfumature dal nero d'ebano fino al giallo d'arancio, e non uno, neppure fra i più piccoli, che conservasse l'espressione della ingenuit

Quando udivo aprire una finestra del palazzo Brisnago, io chiudeva rapidamente le gelosie; quando vedevo un movimento dietro le invetriate, mi ritiravo in fretta abbassando le tendine; era una pantomima continua, che poteva dare negli occhi e suscitare sospetti. O non sarebbe stato meglio abbandonare addirittura la finestra?...

Avete visto mai, verso la chiusa d'un ballo o d'una pantomima spettacolosa, la reggia del tiranno, il castello dell'oppressore, la prigione della vittima cader giù a pezzi, finchè, a un dato segnale, succede l'ultimo scroscio e la luce elettrica accesa in buon punto scende dall'alto a rischiarar le rovine? Questo è quello che accadde, lasciando stare la luce elettrica, del maestoso edifizio Bollati. Il segno dello scroscio finale fu dato dalla morte del conte Zaccaria. Allora non ci furono più riguardi, e gli avvocati ricevettero dai loro clienti l'ordine di proceder negli atti a passo di carica senza lasciarsi smuovere da sollecitazioni o da preghiere di nessuna specie. Terribile fra tutti i creditori era il marchese Ernesto Geisenburg-Rudingen von Rudingen piombato dalla Moravia a far valere le ragioni della consorte, che per la malferma salute non aveva potuto accingersi al viaggio. Il marchese Ernesto, al quale una cura dietetica aveva fatto perdere alquanto della sua corpulenza, s'era risolto a riprendere il servizio militare e veniva di guarnigione in Venezia per invigilar coi propri occhi la liquidazione dell'eredit

Ma questo palazzo, se la tradizione non è bugiarda, fu testimonio di una comica avventura seguita a Napoleone il Grande. Durante il suo brevissimo soggiorno in Utrecht egli occupò la camera da letto di suo fratello Luigi, ch'era attigua alla stanza da bagno. Si sa che, dovunque andasse, conduceva con un servitore, il quale aveva l'esclusivo incarico di tenergli pronto un bagno per qualunque ora del giorno e della notte. La sera ch'egli arrivò ad Utrecht, di malumore, come fu quasi sempre in Olanda, andò a letto per tempo, e lasciò, se per inavvertenza o per proposito la tradizione non lo dice, la porta della camera aperta. Il servitore del bagno, ch'era una buona pasta di brettone, dopo avergli preparata la tinozza in un'altra stanza, se ne andò a letto egli pure, in un camerino poco lontano dalla camera imperiale. Verso la mezzanotte si svegliò improvvisamente assalito da quei dolori che impongono di pigliare la via più breve per arrivare alla mèta, saltò giù dal letto, e in camicia com'era, e pien di sonno, si mise a cercare la porta tastoni. La trovò; ma per il suo malanno, non conoscendo bene il giro delle stanze, invece di riuscir dove voleva, capitò dinanzi alla porta dell'Imperatore. Sospinse, la porta s'aperse, entrò, ed entrando, rovesciò un seggiolone. Una voce terribile, quella voce! gridò: Chi è? Il povero giovane, agghiacciato dallo spavento, si sforza di rispondere, e la parola gli muore sulle labbra; tenta di uscire per dove è entrato, non trova più la porta; sbalordito, tremante, cerca un'uscita da un'altra parte. Chi è? ripete l'Imperatore con voce tonante, balzando in piedi. Il servitore, affatto fuor di , gira, tasta, inciampa in un tavolino, rovescia un'altra seggiola. Allora Napoleone, non dubitando più d'un tradimento, afferra il suo grosso orologio d'argento, si slancia addosso al malcapitato, lo agguanta alla strozza, e gridando aiuto con quanta voce ha nella gola, gli martella la testa di formidabili colpi. Accorrono i camerieri, i ciambellani, gli aiutanti di campo, il prefetto di palazzo colle spade e coi lumi, e vedono.... il Grande Napoleone e il povero servitore, in camicia tutti e due, in mezzo a uno scompiglio di casa del diavolo, che si guardano a vicenda, l'uno in atto di profonda meraviglia, e l'altro in atto di preghiera supplichevole, come in una pantomima da teatro. Si sparse la voce dell'avvenimento nella citt

Non soltanto le immagini più oscene, le parole più crude, le massime più vergognose, infioravano il dialogo, ma ancora la pantomima e di giochi di scena provocavano orribilmente alla crapula.

Fattosi buio, due dei nostri servi ci fanno una pantomima fingendo lo sciacal inseguito dal leone: per imitare questo ultimo un ragazzotto si avvolse in quattro cenci, si aggiustò sul capo una pelle in modo da far cadere i due orecchioni e si prese in bocca due bastoncini che accesi all'altro estremo fingevano gli occhi, ed imitando il passo e il grave respirare del re degli animali, percorreva il campo inseguendo il povero cane selvatico che per paura abbajava.

Ogni rappresentazione del teatro Emiliani termina o con un ballo, o con una pantomima, o con quadri viventi, come la morte di Abele, Ahasvero o l'Ebreo errante, Virginia Romana, Salvator Rosa fra i briganti, o altre simili scene.