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Il direttissimo non arriva alle nove e un quarto? Alle nove e un quarto, sissignore. Ma allora perchè non aprono la biglietteria? La vecchia inforcò gli occhiali, guardò un suo grosso orologio di acciaio, e disse: Ecco: apriranno a momenti. Ma passò ancora un altro minuto, ne passarono due, senza che gli sportelli si schiudessero.

Lo condusse prima a comperare una statuina di bronzo ch'era stata donata dal re, e fu lei che ne fissò il prezzo; poi a comperare un ricco tappeto, poi un quadro, un orologio, un album e via via, senza più lasciarlo, finchè non ebbe fatto la visita di tutte le sale, seguiti da Marco Baldi che notava, sopra un taccuino, le compere fatte e il prezzo convenuto.

Si figuri! è nientemeno che un orologio di Wagner, del celebre Wagner, che non s'occupava che di grossa orologeria, ma poteva ben competere coi Lepaute, coi Bréguet, coi Romilly, coi Rivaz, coi Deturtre, eccetera, eccetera. Gi

Avevo desiderato, e Anne-Marie colla testa appoggiata al petto di sua madre, enumerò: prima un cavallino tutto bianco con la coda lunga; poi una casa pel Schopenhauer; poi un battello a vapore per andarti a prendere, perchè non venivi mai; poi un vestito magnifico per Fräulein; e poi un orologio d'oro per Elisabeth; e poi un altro orologio, più d'oro, per te; e poi un altro per me; e poi un altro cane, non come Schopenhauer, ma nero con zampe bianche; e poi...

Ma in breve un piccolo suono ritmico e sommesso le giunse all'orecchio, e le parve assai dolce. Era un suono regolare e pacato, come il battito d'un orologio, come il pulsar d'un cuore. Era l'oscillare d'una culla! Anne-Marie, nel dormiveglia, sorrise; e una immensa pace le invase lo spirito. Il dolce battito ritmico la ricondusse verso il sonno. Essa si sentiva ineffabilmente calma e felice.

Era giorno, adesso. Le ore suonavano al vicino orologio dal palazzo della Vicaria, lente e chiare. Nel vicolo s'arrestò in quel punto il romore de' passi della sentinella: il soldato contava que' rintocchi della campana e aspettava il cambio.

Una catenella d'oro a quattro file gli usciva da un occhiello del panciotto, la quale sosteneva parecchi ciondoli, gingilli ed altri picchiapetti, scendendo con una gran curva ad affondarsi nel taschino, dove era raccomandata all'anello di un orologio che il nostro Arturo faceva spesso vedere, col pretesto di guardar l'ora.

Adesso, signorina, proseguì consultando il proprio orologio, un grosso cronometro d'oro, mi farete il piacere di andare a letto. Verrò a salutarvi nella vostra camera. Ma, dottore.... Niente! vai, o ti porto via in braccio. Ella si alzò con Rosa, salutò tutti: il dottore le diede un bacio sui capelli. Erano le dieci e mezzo, il salotto tornò grave.

ERASTO. Giá deve esser la cittá tutta sepolta nel sonno e la mezanotte passata. DULONE. Ed io stimo che non sieno ancor le due ore: voi misurate l'ore col vostro desiderio. ERASTO. Il tuo orologio è zoppo e flemmatico, si muove sempre tardi. DULONE. E il vostro, spinto dal caldo dell'ardente desio, tocca assai presto: a chi aspetta non corre l'orologio.

La marchesa avanzava lentamente, gettando intorno degli sguardi ansiosi, e tenendosi vicino all'Olderico. Arrivati al crocicchio formato da un altro corridoio che tagliava il primo ad angolo retto, s'intese di scatto un rumor sordo, quasi un rantolo. Olderico!... datemi il braccio!... e vi si abbandonò tutta. Era un orologio invisibile, al quale scoccavano le ore.