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ERASTO. Crederò io a quella lingua mendace che m'ha fatto mille spergiuri? CINTIA. Io non feci in voi mai cosa onde meritasse riceverne cosí ingiuriose parole; ma qualunque ciò dice contro di me, ne mente mille volte per la gola! ERASTO. Ecco qui il testimonio. Vien qui, Dulone: non hai tu visto costui la notte passata in casa mia ragionar con Lidia ed entrare in casa mia?

CAPITANO. Vien fuori, vien fuori dalla tua tana! romperò l'uscio a tuo malgrado e con una schieggia di quello ti darò mille legnate. ERASTO. Ah, traditor villano, questo a me? dove sei, dove ti sei appiattato, codardaccio? deh, se ti ritrovo, farò che il piú grosso pezzo di te sia l'orecchia! DULONE. Entrate, padrone, ché questi sono suoi modi: egli è sparito via che non lo trovarebbe il demonio.

DULONE. Padrone, allegrezza allegrezza! SINESIO. Io so meglio di te. DULONE. Questa non la potete sapere, ché in casa voi non sète stato ed ella è accaduta or ora. SINESIO. Orsú, dimmi che cosa? DULONE. Cintia ha partorito un bel bambino! SINESIO. Cosí passi presto da una nuova di tanto contento? or dimmi il come.

Tu hai proposto e Dio ha disposto: la sorte ha combattuto per me contro il padre, la madre e nemici; e quelli che han cercato di farmi danno, quelli mi han fatto piú utile. Erasto mio, mi sento un caldo che mi scorre per tutta la persona, e certi movimenti per il corpo, non so se da soverchia allegrezza o dal passato dolore. ERASTO. Apri la porta, Dulone. Entrate in vostra casa, vita mia.

CAPITANO. Ho visto la persona, le vesti, il ventre gonfio, e intesa la voce di Amasia; il volto non ho potuto veder bene. Ma perché Cintio è il mezano del suo amore? DULONE. Son grandissimi amici da che furon bambini. CAPITANO. Oimè, che sento indragarmi d'amore e inserpentirmi di gelosia!

ERASTO. Vo' accostarmi alla casa e fare il segno. DULONE. Ricordatevi, padrone, quando sarete insieme, accostarvi alla luce e mirarla ben bene, accioché vi possiate accorgere se siate ingannato.

DULONE. V'ama e vi serve con amor simulato e con nemicizia coperta, con desegni. ERASTO. Che utile ne può sperar egli da me? DULONE. Che so io? ERASTO. Parla, col tuo malanno! DULONE. Dubbito non ve la facci doppia. ERASTO. Come doppia? DULONE. Che mentre egli vi trattiene in casa sua con qualche puttana vecchia in letto sotto nome di Amasia, si giaccia con Lidia vostra sorella.

Ecco la balia. BALIA di Cintia, ERASTO, CINTIA, CAPITANO, DULONE. BALIA. Erasto, sète qui voi? ERASTO. Eccomi, balia, dove è Amasia mia? BALIA. È qui in ordine e vi sta aspettando. ERASTO. Dille di grazia, che compaia su l'uscio, sol per dar questo contento al cor mio. BALIA. Di grazia, mirate che non siate sovragionti da alcuno. ERASTO. Non dubitate ch'io e Dulone stiam facendo la spia.

Ecco, pur mi son chiarito di alcune cose: che in mia presenza Cintio ha ragionato con Amasia di me, e l'ha promesso venir questa sera e l'ho inteso con le mie orecchie e che or ora si fará su la fenestra; ché se verrá, conoscerò chiaramente che tutto sia forfantaria quanto mi ha detto Dulone di lui. BALIA di Cintia, ERASTO, CINTIA.

DULONE. È vero e l'ho visto! CINTIA. Tu hai visto me entrar in casa sua la notte passata? DULONE. Io io, , con questi occhi! CINTIA. Se tu non fossi suo servo a cui porto rispetto, ti darei tanti calci su lo stomaco che ti farei vomitar il sangue e l'anima, o la veritá. Ma s'era di notte, come mi conoscevi?