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Sbuffavano cavallo e cavaliere, e sparpagliavansi intorno sabbia e scintille. A destra e a sinistra, deh, come fuggivano loro innanzi allo sguardo e pascoli e lande e paesi! come sotto la pesta rintronavano i ponti! E tu hai paura, o mia cara? Vedi bel chiaro di luna! Arri arri! I morti cavalcano in furia. E tu, mia cara, hai paura de' morti? Ah no! Ma lasciali in pace i morti.

Se tu se’ accorto come suoli, non vedi tu ch’e’ digrignan li denti e con le ciglia ne minaccian duoli?». Ed elli a me: «Non vo’ che tu paventi; lasciali digrignar pur a lor senno, ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti». Per l’argine sinistro volta dienno; ma prima avea ciascun la lingua stretta coi denti, verso lor duca, per cenno; ed elli avea del cul fatto trombetta. Inferno · Canto XXII

Come fuggivano e cieli e stelle al disopra di lui! E tu hai paura, o mia cara? Vedi bel chiaro di luna! I morti cavalcano in furia. Ed hai tuttavia paura de' morti, o mia cara? Ahi me misera! Lasciali in pace i morti. Su su, o morello! Parmi che il gallo giá canti. Fra poco il sabbione sará omai tutto trascorso. Su, morello, morello!

I morti cavalcano in furia. E tu, mia cara, hai paura de' morti? Ahi misera! Lasciali in pace i morti. Ecco ecco; sul patibolo, al lume incerto della luna, una ciurma di larve balla intorno al perno della ruota! . Qua qua, o larve. Venite, seguitemi. Ballateci la giga degli sposi quando saliremo in letto.

Se tu se’ accorto come suoli, non vedi tu ch’e’ digrignan li denti e con le ciglia ne minaccian duoli?». Ed elli a me: «Non vo’ che tu paventi; lasciali digrignar pur a lor senno, ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti». Per l’argine sinistro volta dienno; ma prima avea ciascun la lingua stretta coi denti, verso lor duca, per cenno; ed elli avea del cul fatto trombetta. Inferno · Canto XXII

Ed elli a me: <<Non vo' che tu paventi; lasciali digrignar pur a lor senno, ch'e' fanno cio` per li lessi dolenti>>. Per l'argine sinistro volta dienno; ma prima avea ciascun la lingua stretta coi denti, verso lor duca, per cenno; ed elli avea del cul fatto trombetta. Inferno: Canto XXII Io vidi gia` cavalier muover campo, e cominciare stormo e far lor mostra, e talvolta partir per loro scampo;

di ferro minacce di morte, mentre animosamente spiega l'ale di fede, mai paventa un uomo forte. Però la forza lor in noi che vale? Giá chi congiunse il ciel altrui non scioglie perché non svaria mai corso fatale. Lasciali pur empir lor empie voglie: livido cuor sol di se stesso è pena, e chi semina tòsco, tòsco accoglie.

"Lasciali andar giù a rompicollo, avrai più presto fatto", diceva l'uno. "Maneggia il pesce che non si strappi", diceva l'altro, e tutti a fischiare, mentre sforzandosi i soldati a tirar su il corpulento cadavere di Procopio, si spezzava la fune e il corpo precipitava sul lastrico con grande fracasso.

No, disse Leonardo melanconicamente, lasciali fare, mi par di essere tornato fanciullo, quando giocavo a mosca cieca coi miei compagni, ed uno alla volta ci mettevamo la benda sugli occhi... come io ora... lasciali fare, giuoco anch'io con essi. Povero Leonardo! disse Ernesta. Povero Leonardo! ripetè il cieco.