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Comincia il XXII Capitolo Io vidi cavalier gi

XXII, pp. 44-45. In Palermo, MDCCXLVIII. Ed il Cielo non avea fulmini per l’inventore di pena così scellerata?!...

Quale in campagna cacciator, che infesta Per belle corna capriol ramoso, Pieno di disconforto i passi arresta Se d'occhio il perde infra le selve ascoso; Cotal sen riede a la gentil foresta Sul caso occorso il Cavalier pensoso; Ma rigonfiata d'infernal veneno Dicea Megera nel terribil seno: XXII

Benedetto XII ridusse l'abitazione di Giovanni XXII a guisa di fortezza inespugnabile, dandole anche in certo modo, seguendo in questo la sua indole, l'aspetto di un monastero; poterono più, i suoi successori mondani, togliere all'edificio questo carattere.

E perché è cosa quasi impossibile che le monete si possano pesar tutte nello spendere alla giornata, e perché ancora sotto il nome del valore segnato su esse, come nel detto capitolo XXII, e per la tassa ch'a tutte le giá coniate si fará, ciascuna verrá come quasi pesata senza bilancia; però è necessario che, cosí quelle d'oro come quelle d'argento, tutte sian regolate in tutti i luoghi sotto un ordine medesimo.

E perciò non si può far altro real partimento di essi scudi d'altri valori, se non nel modo nelle tariffe dimostrato, cioè da 99, da 113-1/7 e da 132 alla libra, over da lire 8, da lire 7 e da lire 6 l'uno; ancorché se ne potessero fare d'alcune altre finezze, come nel capitolo XXII, ma non necessariamente per le ragioni in esso allegate.

Purgatorio · Canto XXII Gi

Capitolo XXII. Tale essendo il lusso del vestire e dell’acconciarsi, facile cosa è lo immaginare la vita alla quale esso dovesse corrispondere. Conversazioni, feste da ballo, teatri, villeggiature si alternavano con feste e spettacoli sacri e passatempi religiosi. D’estate o d’inverno, la giornata era sempre breve, insufficiente alle occupazioni del corpo e dello spirito.

Ora, quanto al porre ed imprimere su le monete nuove, e d'oro e d'argento, le note del loro valore, della lega e di quante ne vadino alla libra, dimostrate e descritte nel capitolo XXII, dico ch'io tengo per fermo che non sará persona alcuna, di qualunque stato o grado esser si voglia, ch'opponga, con dire non essere mai stato in uso il cosí fare, overo che sará cosa di poca utilitade.

A questa voce vid’ io più fiammelle di grado in grado scendere e girarsi, e ogne giro le facea più belle. Dintorno a questa vennero e fermarsi, e fero un grido di alto suono, che non potrebbe qui assomigliarsi; io lo ’ntesi, mi vinse il tuono. Paradiso · Canto XXII Oppresso di stupore, a la mia guida mi volsi, come parvol che ricorre sempre col