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Dalla finestra dischiusa si scorgeva la bella donna che passava nei viali, salutata dai passeri e preceduta di albero in albero dall'usignuolo, ed Ernesta anch'essa poteva vedere i volti ravvicinati del marito e del dottore.

Facciamolo disse Ernesta. Tu mi condurrai per mano, mi farai girare per le stanze, qua, l

Ha dell'uno e dell'altro, entrò a dire Leonardo, e non può essere altrimenti colla teorica del completamento. Povero completamento! disse Ernesta quando fu sola col marito. Perchè?

Nella faccia ilare, nell'accento scherzoso, nei modi composti ad un sussiego straordinario, il dottore dimostrava un'intenzione che sfuggiva alle occhiate scrutatoci d'Ernesta. Cara signora, uscì egli a dire all'improvviso, vorrebbe usarci la cortesia di lasciarci un momento soli? Scusi la ruvidezza.... è il vizio dei medici.... Mi manda via.... rispose Ernesta ridendo, me ne andrò!...

Come ti senti? Bene. Ti bruciano gli occhi? No.... L'infiammazione cessa; tanto meglio.... mi raccomando, bevi la tua pozione, mangia le minestrine, e non agitarti; procura di dormire.... io me ne vado, tornerò stanotte. Grazie disse Leonardo rimango solo? Prima di rispondere, Agenore guardò Ernesta, la quale gli fe' cenno di non dir nulla.

Il dottore, a forza di staccar sassolini allargando la breccia, si era fatto un mucchio di rottami dinanzi: la diffidenza, la beffa leggiadra, lo spirito, potenti ostacoli prima, erano diventati nulli. Ernesta si lasciava indovinare la noia nel viso; si lasciava leggere negli occhi il piacere immenso che provava vedendo Agenore, l'unico amico suo.

Questa volta comprese che bisognava rispettare le prime impressioni e se ne andò, accontentandosi di un saluto dei più semplici. Marito e moglie rimasero soli. Ernesta sentiva un impaccio singolare, una debolezza nuova; combattuta fra gl'impeti della piet

Allora tornò alla finestra, temperò la luce studiandone la direzione e di nuovo venne al capezzale e tirò la coperta di colore fin sopra la rimboccatura, perchè la bianchezza del lenzuolo non ferisse troppo vivamente l'organo indebolito... Era venuto il momento. Ernesta tremò e dovette reggersi al braccio di Agenore.

Il dottor Agenore disgraziatamente non sapeva volare sulle ali della rettorica meglio di così, ed anche così non poteva durare un pezzo. Si fermò per ripigliar fiato, ebbe un momento di rilassatezza delle fibre e temette di essere andato troppo oltre. Ernesta, riasciugate le lagrime, teneva gli occhi immobilmente fissi sul pavimento; probabilmente non aveva inteso nulla.

Allora Ernesta si sentiva voglia di correre a spalancare le finestre, di lasciar entrare l'aria, la luce, i canti semplici, e di gridare alle innocenti creature la buona novella... Silenzio!... Bisogna star paghi alle visioni della cameretta, al tranquillo tripudio del cuore. Un giorno ancora!... Silenzio.