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L'indomani partii per Siviglia. Alla stazione vidi Frascuelo, Lagartijo, il Cuco, e tutta la compagnia dei toreros di Madrid, che mi salutarono con uno sguardo benevolo di protezione.

Prima di partire da Madrid volli parlare col tanto celebrato Frascuelo, il principe degli espadas, l'idolo del popolo di Madrid, la gloria dell'arte. Un genovese, capitano di bastimento, che lo conosceva, s'incaricò di fare la presentazione; fissammo il giorno, ci trovammo nel caffè imperiale della Puerta del Sol. Mi vien da ridere quando penso all'emozione che provai vedendolo comparire da lontano e venire verso di noi. Era vestito con gran lusso, carico di ciondoli, luccicante come un generale in grande uniforme; attraversò il caffè, mille teste si voltarono, mille occhi si fissarono su di lui, su di me, sul mio compagno: io mi sentii diventar pallido. "Ecco il signor Salvador Sanchez," disse il Capitano (Frascuelo è un soprannome). E poi, presentando me a Frascuelo: "Ecco il signor tale dei tali, suo ammiratore." L'illustre matador s'inchinò, io feci una riverenza, sedemmo e cominciammo a discorrere. Che strano uomo! A sentirlo discorrere si sarebbe detto che non aveva cuore d'infilzare una mosca con una spilla. È un giovanotto di venticinque anni, di mezzana statura, svelto, bruno, bello, con uno sguardo fisso e un sorriso d'uomo distratto. Gli domandai mille cose intorno all'arte sua e alla sua vita; parlava a monosillabi; bisognava che gli cavassi le parole di bocca, a una a una, a furia di domandare. Ai complimenti rispondeva guardandosi la punta dei piedi con uno sguardo modesto. Gli chiesi se fosse mai stato ferito: si toccò un ginocchio, una coscia, la spalla, il petto, e disse: "Qui, e poi qui, e poi qui e poi ancora qui;" sorridendo colla semplicit

Squilla un'altra volta la tromba; i banderilleros han finito; ora tocca all'espada; è il momento solenne, è la crisi del dramma; la folla si queta, le signore si sporgon fuori dei palchi, il Re si alza in piedi. Il celebre Frascuelo, tenendo in una mano la spada e la muleta, che è un pezzo di stoffa rossa attaccata a un bastoncino, entra nell'arena, si presenta dinanzi al palco reale, si leva il berretto, e consacra al Re, pronunciando una poetica frase, il toro che va ad uccidere; poi getta il berretto in aria, come per dire: Vincerò o morirò! e seguìto dallo splendido corteo dei capeadores, si muove con passo risoluto verso il toro. Qui segue una vera lotta corpo a corpo, degna d'un canto d'Omero. Da un lato la belva colle sue corna terribili, colla sua forza enorme, colla sua sete di sangue, inasprita dal dolore, acciecata dall'ira, torva, insanguinata, spaventosa; dall'altra un giovane di vent'anni, vestito come un ballerino, a piedi, solo, senza difesa con una leggera spadina tra le mani. Ma egli ha diecimila sguardi addosso! Il Re gli prepara un dono! La sua amante è lassù, in un palco, cogli occhi fissi su di lui! Mille signore tremano per la sua vita! Il toro si ferma, lo guarda; egli guarda il toro, e gli agita dinanzi il panno rosso; il toro si caccia sotto, l'espada si scansa, il corno formidabile gli rasenta il fianco, urta il panno rosso e colpisce nel vuoto. Un tuono d'applausi scoppia su tutte le gradinate, in tutti i palchi, in tutte le gallerie. Le signore guardano col canocchiale e gridano: Non ha impallidito! Si fa silenzio daccapo, non si sente una voce, non un bisbiglio. L'audace torero fa volteggiare a più riprese la muleta sugli occhi dell'animale inferocito, gliela passa sulla testa, tra le corna, intorno al collo, lo fa retrocedere, avanzare, girare, saltare; si fa assalire dieci volte, e dieci volte, con un leggerissimo movimento, scansa la morte; lascia cader la muleta, la raccoglie sotto gli occhi del toro, gli ride sul muso, lo provoca, l'insulta, se ne trastulla; tutt'a un tratto si ferma, si mette in guardia, alza la spada, piglia la mira; il toro lo guarda; ancora un istante, e si slancieranno addosso, l'un all'altro, nello stesso punto; uno dei due deve morire; diecimila sguardi corrono con una rapidit

I toreros non son mica artisti, come qualcuno può supporre, da mettersi in un mazzo coi saltimbanchi, e pei quali il popolo non nutra altro sentimento che quello dell'ammirazione. Il torero è rispettato anche fuori del Circo, gode la protezione dei giovani aristocratici, va al teatro in palco, frequenta il più signorile caffè di Madrid, è salutato per la strada con profonde scappellate da persone di garbo. Gli espada illustri, come il Frascuelo, il Lagartijo, il Cayetano, guadagnano la bellezza di qualche diecina di mila lire all'anno, possedono case e ville, abitano in appartamenti sontuosi, vestono con isfarzo, profondon monti di scudi nei loro vestiti inargentati e dorati, viaggiano da principi e fumano sigari d'Avana. Il loro vestire, fuor del Circo, è curiosissimo: un cappello all'Orsini di velluto nero, una giacchettina stretta alla vita, sbottonata, che non arriva a toccare i calzoni; un panciotto aperto fino all'ombelico, che lascia vedere una camicia bianca finissima; nessuna cravatta; una fascia di seta rossa o azzurra intorno ai fianchi; un par di calzoni giusti alla gamba come calze da ballerini, un par di scarpette di pelle del Marocco ornate di ricami, un piccolo codino a treccia che scende sul dorso; e poi bottoni d'oro, catenelle, diamanti, anelli, ciondoli, tutta una bottega da orefice addosso. Molti tengon cavallo da sella, qualcuno carrozza, e quando non ammazzano, son sempre in giro al Prado, alla Puerta del Sol, nei giardini di Recoletos, colle loro spose o le loro amanti splendidamente vestite e amorosamente superbe. I loro nomi, i loro visi, le loro gesta sono assai più noti al popolo che le gesta, i visi e i nomi dei comandanti d'esercito e dei ministri di Stato. Toreros nelle commedie, toreros nelle canzoni, toreros nei quadri, toreros nelle vetrine dei venditori di stampe, statue che rappresentan toreros, ventagli coi ritratti dei toreros, fazzoletti con l'effigie dei toreros; se ne vede, se ne rivede e se ne intravvede da tutte le parti. Il mestiere del torero è il più lucroso e più onorifico mestiere a cui un coraggioso figliuolo del popolo possa aspirare. Moltissimi, di fatti, vi si dedicano. Ma pochissimi riescono eccellenti; i più rimangon mediocri capeadores, pochi arrivano ad essere banderilleros di vaglia, meno ancora picadores di grido; bravi espada, poi, non diventano che pochi prediletti dalla natura e dalla fortuna; bisogna esser venuti al mondo con quel bernoccolo; si nasce espada come si nasce poeta. Di uccisi dal toro ce n'è di rado, si contan sulle dita per un lungo giro di tempo; ma gli stroppiati, i malconci, i ridotti in stato da non poter più combattere, sono innumerevoli. Se ne vedono per le citt