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Del Ribera, che noi conosciamo sotto il nome di Spagnoletto, v'è tanti quadri da formarne un Museo; la maggior parte figure di santi, di grandezza naturale; un Martirio di San Bartolommeo di più figure, e un Prometeo colossale incatenato a uno scoglio. Altri quadri di lui si trovano in altri Musei, all'Escurial, nelle chiese, chè fu artista fecondissimo e operosissimo, come quasi tutti gli artisti spagnuoli. Veduto un quadro suo, si riconoscono, al primo colpo d'occhio, tutti gli altri; e non è mestieri di aver un occhio esperto. Son vecchi santi estenuati, con teste calve, nude, sulle quali si contan le vene; occhi pesti, guancie scarne, fronti raggrinzite, petti infossati che lascian vedere le costole; braccia, mani che non hanno che pelle ed ossa; corpi rifiniti, disfatti, vestiti di cenci, gialli del giallo smorto de' cadaveri, piagati sconciamente, sconciamente sanguinosi; son carcasse che paion tratte allora dalla bara, portanti nel viso l'impronta di tutti gli spasimi delle malattie, della tortura, della fame, dell'insonnia; figure di tavole anatomiche sulle quali potete studiare tutti i segreti dell'organismo umano. Ammirabili, , per ardimento di disegno, per vigore di colorito e per gli altri mille pregi che procacciarono al Ribera la fama di potentissimo pittore; ma l'arte vera e grande ah! non è quella. In quei visi non è quel lume celeste, quell'immortal raggio dell'alma che rivela col sublime dolore le speranze sublimi, gl'intimi lampi e i desiderii immensi; quel lume che distrae l'occhio dalla piaga, e leva il pensiero al cielo; non v'è che il dolor crudo che mette ribrezzo e terrore; non v'è che la stanchezza della vita e il presentimento della morte; non v'è che la vita umana che fugge, senza il riflesso di quella immortale che giunge. Non v'è uno di quei Santi di cui si ricordi l'immagine con amore; si guardano, e si sente freddo al cuore, ma il cuore non batte; il Ribera non amava. Eppure nel percorrere le sale del Museo, per quanto fosse vivo il sentimento quasi di ripugnanza che molti di quei quadri m'ispiravano, bisognava che li guardassi, e non ne potevo staccar gli occhi, tanta è la forza attrattiva del vero, anche spiacente; e tanto son veri i quadri del Ribera! Quei visi li riconoscevo, li avevo visti negli ospedali, nelle stanze mortuarie, dietro le porte delle chiese; son visi di accattoni, di moribondi, di condannati a morte, che mi si parano dinanzi di notte, oggi ancora, percorrendo una strada deserta, passando accanto a un cimitero, salendo su per una scala ignota. Ve n'è alcuni che non si posson guardare; un eremita, nudo, steso in terra, che pare uno scheletro colla pelle; un vecchio santo, al quale la pelle consunta d

Contan le man, la bocca, il ventre, i piedi, e dicono: Un sipario azzurro è il cielo, e togli quel che puoi e quel che vedi; e se vuoi pace, altrui tien l'arma al pelo, e stupra e strippa e procura dovizia, ché dorme e si delude la giustizia.

I toreros non son mica artisti, come qualcuno può supporre, da mettersi in un mazzo coi saltimbanchi, e pei quali il popolo non nutra altro sentimento che quello dell'ammirazione. Il torero è rispettato anche fuori del Circo, gode la protezione dei giovani aristocratici, va al teatro in palco, frequenta il più signorile caffè di Madrid, è salutato per la strada con profonde scappellate da persone di garbo. Gli espada illustri, come il Frascuelo, il Lagartijo, il Cayetano, guadagnano la bellezza di qualche diecina di mila lire all'anno, possedono case e ville, abitano in appartamenti sontuosi, vestono con isfarzo, profondon monti di scudi nei loro vestiti inargentati e dorati, viaggiano da principi e fumano sigari d'Avana. Il loro vestire, fuor del Circo, è curiosissimo: un cappello all'Orsini di velluto nero, una giacchettina stretta alla vita, sbottonata, che non arriva a toccare i calzoni; un panciotto aperto fino all'ombelico, che lascia vedere una camicia bianca finissima; nessuna cravatta; una fascia di seta rossa o azzurra intorno ai fianchi; un par di calzoni giusti alla gamba come calze da ballerini, un par di scarpette di pelle del Marocco ornate di ricami, un piccolo codino a treccia che scende sul dorso; e poi bottoni d'oro, catenelle, diamanti, anelli, ciondoli, tutta una bottega da orefice addosso. Molti tengon cavallo da sella, qualcuno carrozza, e quando non ammazzano, son sempre in giro al Prado, alla Puerta del Sol, nei giardini di Recoletos, colle loro spose o le loro amanti splendidamente vestite e amorosamente superbe. I loro nomi, i loro visi, le loro gesta sono assai più noti al popolo che le gesta, i visi e i nomi dei comandanti d'esercito e dei ministri di Stato. Toreros nelle commedie, toreros nelle canzoni, toreros nei quadri, toreros nelle vetrine dei venditori di stampe, statue che rappresentan toreros, ventagli coi ritratti dei toreros, fazzoletti con l'effigie dei toreros; se ne vede, se ne rivede e se ne intravvede da tutte le parti. Il mestiere del torero è il più lucroso e più onorifico mestiere a cui un coraggioso figliuolo del popolo possa aspirare. Moltissimi, di fatti, vi si dedicano. Ma pochissimi riescono eccellenti; i più rimangon mediocri capeadores, pochi arrivano ad essere banderilleros di vaglia, meno ancora picadores di grido; bravi espada, poi, non diventano che pochi prediletti dalla natura e dalla fortuna; bisogna esser venuti al mondo con quel bernoccolo; si nasce espada come si nasce poeta. Di uccisi dal toro ce n'è di rado, si contan sulle dita per un lungo giro di tempo; ma gli stroppiati, i malconci, i ridotti in stato da non poter più combattere, sono innumerevoli. Se ne vedono per le citt

Gli spettatori seguon coll'occhio intento tutte le mosse, contan le penne divelte, numerano le ferite; e il gridìo si fa sempre più concitato, e le scommesse più forti: Cinco duros por el chico! Veinte duros por el negro! Va! Va!