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In quel tempo, apprende Giovenale, che l’adulterio era peccato men che veniale. Il marito era un volgar lenone che si ritirava nel fondo dell’appartamento quando veniva l’amante della moglie. Cicerone nelle sue epistole, lo conferma. Racconta che Mecenate corteggiava la moglie di un certo Sulpicio Galba, il quale, per facilitare queste galanti relazioni, fingeva di addormentarsi uscendo di tavola. Un giorno, un suo schiavo, volendo profittar di tal circostanza per gustare il vino di Falerno, il compiacente marito gli gridò «Ol

Invece di darci la solita sboba terrosa, ci si porta un piatto di pasta asciutta o un piattone di risotto giallo fumante, con della cipolla arrostita e annerita che mette in mente i funghi, con ottanta grammi di carne in umido che commuove le budella. Di vino non ce n'è che un bicchiere. Ma anche brusco, per la gola che non beve che acqua, diventa del Falerno o del Ghemme. Ah, il Ghemme!

F iumi di latte, laghi di falerno, V alli di macaroni e lasagnette, E cco mi veggio intorno, e poggi ed alte R upi di cacio duro e sodo lardo, A cque stillate de capponi grassi, T orte, tortelli, gnocchi e tagliatelle. Incidit in Scyllam cupiens vitare Charybdim. B eata vita dissi allor mirando È questa, che di tante trippe abbonda! N on mai quinci partire mi delibro.

O divina, divina Pomona! alma figlia di Demeter, la terra, io ti amo tanto dippiù della infida Flora; tu sei buona, forte e robusta e ricerchi i raggi passionati del sole; tu sei rigogliosa ed oltre ai frutti hai le foglie larghe, brune, vellutate e ti amavano anche il vecchio e giocondo Anacreonte, il sorridente e grave Virgilio, e Orazio e Catullo ed i cento poeti greci e romani che si coronavano, è vero, di rose, ma te cantavano sulla mensa accanto alle snelle anfore del Falerno.

Il misero arcivescovo intanto mormora le prime parole di quei versi memorabili di Orazio: Quo pius Eneas, e muore muore quale aveva vissuto, valoroso cavaliere più che costumato ecclesiastico, fedele fino all'ultimo respiro alla poesia, ad Orazio, al centenario Falerno, che avevan formato la sua delizia invece della Bibbia.

Che scandalo! che licenza! Cotesti impudenti straccioni con fagiani, trote, davanti a loro, sulle reali mense e lavandosi poi la gola con del Montepulciano, del Lacrima-Cristi, del Falerno, senza morire d'indigestione! Si potrebbe proprio dire col Casti: O mondo insano! O popolo corrotto! E intanto, tracannarne un altro gotto!

O sereno l'amor che ingenuo assale, Che Orazio canta in seno alla natura, Scandendo il verso dolce ed immortale E bevendo il falerno fuori mura! Il cielo sorrideva e il lieto sole Irradïava la belt