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Fatto sta però che la vecchia bandiera del 1860 non sventolava per l'Agro romano e il tentativo del maggior Ghirelli con Franco Mistrali di innalzarvela da Orvieto e da Orte fu soffocato nel biasimo generale. A Roma si doveva decidere codesta questione allora secondaria e giacchè il solo popolo vi lasciava sulla via sangue e cadaveri, niuno poteva osar prima di risolverla.

La così detta legione romana, con la quale un emigrato, l'ex maggiore Ghirelli dell'esercito reale, aveva preso Orte il 17 ottobre, era stata cacciata; le schiere volontarie di Menotti, dopo il violento fatto d'arme del 18 ottobre, avevano dovuto, con grandi perdite, sgombrare Nerola; le bande di Nicotera, il 19, erano cacciate da Vallecorsa nel Lazio.

«Ve lo prometto.» «State di buon animo.» «Sto.... ma andate.» «Vado. E qui che sentitedomandò il Caserta, premendolo con la manca presso la ferita. «Dolore!» «E quiscorrendo con le dita, e toccandogli la clavicola sinistra. «Dolore!» «E qui?» «Mo.... orte

A l fin, essendo sotto l'altrui voglia, T olta mi fu la mia dolce Galanta: L o mio solaccio, il mio contento e spasso, A imè! da me fu radicato e svelto. R imasi d'alma privo, ma nel dolo V ivendo sempre tanto piansi ed arsi, A rsi d'amore, piansi di dolore, M orte chiamando ognor, che al fin privato I o fui de gli occhi e d'ogni sentimento.

Il fatto più importante di quel giorno fu la presa di Acquapendente, dove quaranta gendarmi rimasero prigionieri degli insorti. A Bagnorea in uno scontro che durò due ore i pontifici sono battuti; così pure a Otricoli. Il movimento si propaga a Orte e a Ronciglione, convergendo verso Viterbo. La rivolta si estende in pari tempo nei monti di Bolsena, Soriano e Caprarolo.