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Nelle scaramuccie di Corese e di Mentana i pontifici hanno la peggio: le schiere dei volontari occupano Nerola, Vicovaro, Ferentino, e i loro sforzi si dirigono verso la capitale. Menotti Garibaldi con cinquecento giovani si spinge fino a venti miglia da Roma. Gli zuavi che lo attaccano sono battuti e respinti fino a Montemaggiore, dove si fortificano.

L'insurrezione procedeva; non passava giorno senza che avvenisse qualche scontro, ora a Nerola, ora a S. Lorenzo, e al Pianale, e a Corneto, dove furono battuti gli zuavi del papa.

La così detta legione romana, con la quale un emigrato, l'ex maggiore Ghirelli dell'esercito reale, aveva preso Orte il 17 ottobre, era stata cacciata; le schiere volontarie di Menotti, dopo il violento fatto d'arme del 18 ottobre, avevano dovuto, con grandi perdite, sgombrare Nerola; le bande di Nicotera, il 19, erano cacciate da Vallecorsa nel Lazio.

Contemporaneamente altre bande si fortificavano a Nerola, Moricone, Montemaggiore, Montelibretti; piccoli e deserti luoghi della Sabina. Sono veri aggruppamenti di case in cima ad aspre rupi, dalle quali emerge la chiesa, e qualche torre medioevale diroccata, e il grandioso castello baronale, del tempo in cui gli Orsini dominavano tanta parte della Sabina.

L'entusiasmo popolare era irresistibile e il governo ne fu soggiogato. Acerbi era penetrato in Viterbo, Nicotera si presentava verso Frosinone e Velletri, Pianciani marciava su Tivoli, si combatteva a Nerola, a Montelibretti, a Bagnorea ed a Firenze costituivasi il Comitato centrale di soccorso.