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Appena fu liberata la Sicilia, il Mazzini, insieme col Bertani ed altri, diè mano a preparare, secondo il suo antico concetto, mezzi e uomini per una spedizione che, attraverso l'Umbria e lo Stato Romano, si ricongiungesse al Garibaldi in Napoli; e fu tosto messa insieme una brigata di duemila volontarî della quale ebbe il comando G. Nicotera.

Quivi Papiri, Sgarallino, Nicotera, Torri-Tarelli Carlo ed altri ufficiali gridavano per la tradita capitolazione e i francesi collocarono subito dopo un picchetto di guardia al portone d'ingresso e una compagnia in rango e ad armi pronte nel cortile. Eravamo tutti prigionieri e contro la forza soverchiante non giovava la parola.

La così detta legione romana, con la quale un emigrato, l'ex maggiore Ghirelli dell'esercito reale, aveva preso Orte il 17 ottobre, era stata cacciata; le schiere volontarie di Menotti, dopo il violento fatto d'arme del 18 ottobre, avevano dovuto, con grandi perdite, sgombrare Nerola; le bande di Nicotera, il 19, erano cacciate da Vallecorsa nel Lazio.

Cavallotti non volle mai smentire l'accusa e non volle mai dire pubblicamente su quale documento era basata. Ma tutti gli amici dell'autore di Anticaglie sapevano e sanno che l'accusa era basata su una ricevuta di cinquecento lire, firmata da Costantino Lazzari, nelle mani di Nicotera, ministro dell'interno. Chiunque di noi l'avesse veduta senza cercare altro, non avrebbe potuto venire ad altra conclusione. Cioè che Costantino Lazzari non aveva schifo dei fondi segreti. Ma la cosa non è così. E ne parlo appunto per distruggere una calunnia che perseguita Lazzari da parecchi anni. Non lo si può dire prudente, questo no. Prendere del danaro per un partito senza domandare da che parte venga, con la scusa che il denaro non ha «odore», è un po' arrischiato. Ma in verit

Il Nicotera, ad evitare una guerra civile, ubbidì, pur fieramente protestando contro lo sleale ed inatteso divieto e dichiarando gli eventi non giustificarono la promessa che non avrebbe più combattuto sott'altra bandiera, all'infuori di quella repubblicana.

Ora nulla più impediva che, dove queste si ritiravano, le schiere garibaldine avanzassero; che, il 28, Nicotera occupasse Frosinone e, il giorno seguente, Velletri; che Acerbi rientrasse in Viterbo; che Antinori, Pianciani e Orsini entrassero in Palestrina, Subiaco e Tivoli, dove si costituivano dei governi provvisori.

Di ripicco Garibaldi il 31 ottobre da Monterotondo invitava i generali Nicotera e Acerbi a riunirsi al colonnello Pianciani in Tivoli, che dominando Roma e avendo alle spalle le aspre e sicure montagne della Sabina doveva diventare la base e il centro delle nostre operazioni, e risaputo l'intervento francese e dei soldati italiani gridò il novembre in un fiero proclama: «Se però fatti infami, continuazione della vigliacca Convenzione del settembre, spingessero il gesuitismo di una sudicia consorteria a farci mettere giù le armi in obbedienza agli ordini del Due Dicembre, allora ricorderò al mondo che, qui, io solo generale romano con pieni poteri, dal solo governo legale, della repubblica romana, eletto con suffragio universale, ho il diritto di mantenermi armato in questo territorio di mia giurisdizione

Napoleone nel 1862 ordinava alla sua flotta nel Mediterraneo di colare a fondo Garibaldi se lo incontrava in mare; in Parlamento i trentatrè della sinistra storica con Crispi, Guerrazzi, Brofferio, Cairoli, Bertani, Nicotera, Macchi pugnavano gladiatoriamente colle valanghe di destra e centro; Bertani rimaneva impassibile come Ajace a sfida contro ministri e maggioranza, accusati di violazione del segreto delle lettere, che spaventosamente gli urlavano in faccia; Garibaldi veniva pigliato a fucilate, ferito e rinchiuso nel bagno penale del Varignano; si teneva ferma la condanna di esilio e di morte sul capo di Mazzini o si tentava troncargli i nervi con corrispondenze ed abboccamenti col re; perquisizioni, arresti, prigione, sequestri, processi, calunnie erano le armi dei moderati contro i prodi che nutrivano e riscaldavano il sentimento italiano.

Qui non vi sono tutte le vostre armi: se fra dieci minuti non le son tutte consegnate, i renitenti saranno fucilati. Richiuse l'uscio e se n'andò. Il fratello del generale Nicotera stava ritto in piedi tra la comodina e il letto della guardiana del castello e aveva arrotolato il suo sciabolone nel ferraiuolo. Fremendo lo slegò e depose con ribrezzo la grande lama sul tavolo.

Scendete, dissi a costui; questo è il mio cavallo che voi rubaste a Nicotera. Egli scendendo e abbandonandomi il cavallo, rispose: Lo presi d'ordine del comandante.