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Quivi dubitoso, ne la prima giunta, stassi ove gir si debbia: quinci, da belli e boni avvisi a la destra invitato; quindi, da gli umani piaceri combattuto che egli muovasi a la mancina.

Com'io aveva indugiato una sera nella mia camera a scorrere diverse lettere, ed era inavvertitamente valicata la mezzanotte, l'ora classica in cui mi presentavo a Lidia, sentii presso l'uscio un tenue fruscìo d'abiti, e sulla porta l'errar d'una mano in cerca della gruccetta. Aguzzai l'orecchio; il fruscìo pareva ripetersi; ma sempre tenue e dubitoso.

Nel sermone a Francesco Gavotti il Chiabrera feriva in vece le donne, dubitoso che per le vanit

Egli osservò quell'atto e riprese: No, io non tenterò alcuna via per allontanare da me quel pericolo; sarebbe inutile. Ad ogni modo vi ringrazio. Vi rivedrò ancora? io chiesi, quasi dubitoso di lasciarlo così fermo in quel proposito. Egli sorrise con espressione di gratitudine, e disse: quando vorrete, a domani? A domani.

Non era vero che dandosi la morte ella si fosse redenta. La redenzione è nella vita, non nella morte. La morte non risolve il problema morale, lo evita. Non volendo o non potendo accettare di essere, come egli aveva sperato, la donna sua, ella aveva una via da seguire: fuggirlo, sparire, ma senza rinunziare alla vita. Non era questa la via? Egli restava esitante, dubitoso, ansioso.

Ma spogliando il Carme del suo apparato mitologico, noi troviamo in esso i sentimenti particolari del poeta e però un nuovo elemento biografico, del quale ci giova tener conto. Il poeta Pindaro, dopo aver dato prove del suo valore poetico ed onorate le Muse, riesce improvvisamente dubitoso delle proprie forze; onde la Musa discende a rimproverarlo insieme ed aggiungergli coraggio. Il Manzoni, quantunque vago di riposo, quando s'accingeva all'opera non s'arrestava facilmente innanzi alle cose difficili; anzi, metteva più forte impegno per riuscire; il modo con cui tormentò stesso negli Inni Sacri, lo sforzo giovanile per frenare i versi volubili e ribelli, il lungo, ostinato studio ch'egli, lombardo, pose nella parlata fiorentina, possono servire di commento a questi versi dell'Urania: .... Baldanza a quel voler non tolse Difficolt

Parlava con voce grave, quasi in tono di sdegnato biasimo per la leggerezza della quale gli vedeva dar prova. Ma il giovane, dopo un momento di silenzio durante il quale si passò una mano sulla fronte e girò tutto intorno un dubitoso sguardo, mirò ancora una volta il corpo esanime disteso per terra, le forme irrigidite dalla morte, il viso ancora più bianco sul quale le gocce del sangue perdevano la loro porpora aggrumendosi, la bocca ancora un poco più aperta, gli occhi gi

Alla nuova domanda rispose con un gesto dubitoso. Sapevate o no che nutriva un nuovo affetto? Lo supposi. Le rimproveraste mai l'amicizia per il Vérod? A quel nome il principe s'accigliò e tornò a fremere. No, rispose con voce sorda. Che cosa lo spingerebbe ad accusarvi? Non so. Il dolore? La gelosia? Forse. Da quanto durava la vostra amicizia con la contessa? Da cinque anni.

L’orchestra s’era tutta taciuta per la maraviglia del mio sonare, il maestro mi guardava dubitoso di miracolo e le note guizzavano, sgorgavano, rompevano dal mio violino, con voci umane di preghiera e di lamento, con grida umane di gioia, con bassi accenti umani di rimprovero e acuti di angoscia, esprimendo, compendiando, commentando le precoci torture della mia adolescenza, le mie caldezze d’amore e le ironie, e il trionfo della insperata vittoria.

Come io fui giunto al quartiere remoto che egli abitava, mi arrestai dubitoso; e parvemi imprudente il visitarlo a quell'ora. Ma poi che io mi ostinava a voler cancellato col pensiero il tempo che ci aveva tenuto divisi, conchiusi che il mio Raimondo di collegio non si sarebbe offeso di questa licenza, e in due salti fui ai terzo piano.