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ERASTO. Come maschio? non l'ho io avuta in braccio cinquanta volte? PEDOFILO. Io per non rompermi con te tutto oggi il capo, avendoti manifestato quello che importa piú, vo' manifestarti quello che importa meno. Amasio, va' dentro insieme con lui e fagli conoscere se sei femina o maschio. AMASIO. E mi comandate cosí, padre? PEDOFILO. Cosí ti comando io. AMASIO. Venite dentro. ERASTO. Volentieri.

Hotti narrato e hai veduto, meno che l'odore d'una sprizza che è non cavelle a comparazione del mare, come Io proveggo le mie creature, avendoti parlato in generale e in particulare.

ANTIFILO. O sorella, quanto devi ringraziare il Cielo che mi fosti cosí disamorevole e ingiuriosa con tanti improperi; ché se benigna mi fosti stata, avendoti poi riconosciuta per sorella, mi saresti stata amara e acerbissima: e chi può opporsi a' gran secreti del Cielo?

TRINCA. È gionta Costanza sua madre poco fa da Turchia, e ha detto che Cleria è sua vera sorella carnale. EROTICO. Cleria sua sorella? o mostruoso accidente, o caso inaudito! ATTILIO. O amor iniquo, e qual peccato commisi io mai, che avessi ad innamorarmi di mia sorella? O Cleria, che mai t'avessi vista, o avendoti vista non mi fossi piaciuta tanto, ti avessi amata con fervido amore!

APOLLIONE. Questo che dice è vero, e a me par mio fratello. PANURGO. Non hai tu un segnale nella schena, ché avendoti in braccio, quando era piccino, ti fei cadere e percotere in una pietra aguzza, di che giacesti duo mesi in letto e ancor ne devi aver la cicatrice? APOLLIONE. Questo è mio fratellissimo. O fratello ricercato e desiderato! NARTICOFORO. Può esser che tu voglia essere cosí credulo?

Ma tu, pedante, piú d'ogni altro da poco e ignorante, questi sono gli ammaestramenti che tu gli hai dato? Di che mi devo fidar io, se avendoti tolto dalla zappa e dalla vilissima pedanteria t'ho fatto padron della casa e di mio figliuolo, e or me ne rendi cosí iniquo guiderdone? PROTODIDASCALO. Here, non detestare la famigerata mia arte.

Mi facesti il gran dispetto, ier, quando gridasti con quella vecchia che trovasti meco: non per altro se non che son poi genti c'han pratiche infinite e dicon sempre de' fatti d'altri; e d'una cosa tale si laverá la bocca in mille luoghi. Ed a te non stan ben fatti nomi, perché sai quel che importa: tanto piú, avendoti ora forse a maritare ad altri che a Filocrate. LÚCIA. E chi è quella?

ATTILIO. Non ho visto al mondo piú colerico uomo di te, che avendoti detto, burlando, che ti voleva spianar le spalle, te l'hai preso da dovero. Se ben mostrava colera fuori, burlava dentro. Io offender te, che sei tutto il mio bene? TRINCA. Ho da servirvi nelle cose oneste, no nelle scelerate.