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CINTIA. Chi è «questa umilissima mia serva»? quella corteggiana dell'altro giorno di cui mi ragionaste? AMASIO. Il malanno che Dio li dia! è la vostra umilissima serva Amasia. CINTIA. Costei è degnissima mia padrona. CINTIA. Che dunque mi comanda ella?

Dove hai tu meco trattato mai? ERASTO. In camera e in letto. AMASIO. Tu non puoi esser gentiluomo persona onorata, poiché in sul viso e in presenza di mio padre senza sospetto alcuno ardisci dir cose che non fûr mai per imaginazione, con tanto pregiudizio dell'onor mio.

CINTIA. Non son io vostro servidore? AMASIO. Anzi, mio carissimo padrone. CINTIA. Le vo' chieder una grazia,... AMASIO. Che mi comanda? CINTIA.... la qual perché sète solita concedermi altre volte, mi prometto tanto del suo favore che so non mi mancherete:... AMASIO. Dite via, presto.

AMASIO. Non giova dircela, perché sa tutti i miei pensieri. LIDIA. Deve esser vostro amico. AMASIO. Tanto amico che son come egli stesso. LIDIA. E dice che m'ama molto? AMASIO. Cosí amaste voi me! LIDIA. Sappiate, Amasia, sorella cara, che non è persona al mondo che v'ami piú di me, perché vedo che veramente mi amate di cuore e compatite i miei dolori.

Parlerò di modo che alcune parole ne ascolterá egli che li parranno che vadino in suo favore, e parlerò basso poi quelle che non voglio che ascolti. Balia balia! accostati a me. BALIA. Eccomi, signora mia. AMASIO. Di' a Lidia che ascolti dalla fenestra ch'ora ragionerò di lei a Cintio, perché me ne porge occasione; e aiutami come m'hai promesso.

ERASTO. Voi avete fatta la faccia rossa e vi vergognate: non è piú tempo di vergogna, perché sète giá mia moglie. AMASIO. Tu mi fai vergognar da dovero, e bisognarebbe veramente esser senza vergogna perché non arrossisse. Io mi vergogno che si trovi uomo cosí senza vergogna che mi venga innanzi con queste favole! Ma dubito che tu sia cosí senza vergogna come senza cervello.

AMASIO. Non è peggior cosa al mondo, vita mia, che pascere il desiderio di speranze vane e di vani consigli; però vi dico alla libera che la piú lodevole cosa che potesse mai fare saria liberarvi da cosí fatto pensiero e far una ferma deliberazione di lasciar d'amarlo; e sará meglio sentir una morte in lasciarlo che patirne ben mille il giorno per seguitarlo.

AMASIO. Le carezze che mi fa mi conducono alla strada della morte. Balia mia, pensa al mio male, ché beata te! BALIA. Vivete sicuro che per amor vostro un poco il cervello ho in volta, ché son rissoluta che il vostro desio giunga a felice fine. AMASIO. Ecco dieci altri scudi: tutte le mie speranze son volte a te. Vanne in buon'ora. BALIA. Restate felice.

AMASIO. O Dio, che ostinato uomo è costui! e quando stimo che cominci a riconoscersi a poco a poco, io lo veggio indurito piú che mai. PEDOFILO. Io son stato cheto insino adesso per veder dove avea a parar la favola. Ella si ha chiarito del tutto: io dubito che non siate stato ingannato da alcuno.

L'avea vestito da donna per tenerlo ristretto sotto le leggi di donna, ma l'abito non fa l'uomo: ha un spirito che Iddio lo dica per me che non può capirlo l'angustia di quella donna; non ha altro di donna che l'imperfezione di correr col suo desiderio, e avengane quel che si voglia. LIDIA innamorata, AMASIO, BALIA di Lidia.