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Perché, a rispetto di averli per cambio senza esservi portati, come si è detto, gli osta la medesima ragione; e, a rispetto del resarcimento del danno, è una pazzia cambiare il certo con l'incerto, e al guadagno incerto del cambio vi si ha da contraporre il danno certo del remettere; mai ará il guadagno, cambiando per altra parte e ricambiando per Napoli, come avria estraendo la moneta, essendo vera la sua ragione.

NARTICOFORO. Sodes, quaeso, di grazia, fatelo dislegare, lasciatelo libero; ché, l'animo mio se va ariolando la cosa e l'uno non intende l'altro, forse saran veri i fantasmi che mi van per la mente, e quel scurrile sicofanta ci ará ingannato con le sue sicofantie. Or ditemi voi, di grazia, che vi ha dato ad intendere colui che si è partito?

Molti oratori in parlamento avrebbero motivo di augurarsi la disinvoltura di quei bambini nel parlare in pubblico, e pochi oratori poi si possono vantare di avere un uditorio composto di persone appartenenti a tante nazioni, quanto quello di questi fanciulli in Ara Coeli. Dopo i maschi vengono le femmine, graziose ragazzine ricciolute, coi cappellini guarniti di piume e i vestitini di raso.

EROTICO. Dimmi, caro fratello, come Cleria saprá il principio della tua partita, non sará il fin della sua vita? che sai che deliberazione ará ella fatta, e desia fartene consapevole? Onde, se non bastano i miei prieghi, per quel nome di Cleria, che ti fu caro un tempo, che vi fermiate per questa notte sola in casa mia. Consigliamoci fra noi, che dobbiam fare.

ALESSANDRO. Come ponno essere amici chi ne spezzano le porte? PANFAGO. Aprite tosto! ALESSANDRO. Chi sei? PANFAGO. Il soverchio bere ti ará tolto il vedere. ALESSANDRO. Chi dimandi tu? PANFAGO. Pirino, dico. ALESSANDRO. Non è in casa, è uscito poco fa. PANFAGO. Ha egli forse alzato il fianco? ALESSANDRO. bene. PANFAGO. Non ha lasciato alcun bocconcello, alcun miserabil rilevo per me?

E, se si dicesse che ce li ará esso o altri prima in Regno senza che ce li abbia inviato in contanti, in tal caso non al cambio alto si ha da attribuire che non vengano denari in Regno, ma all'altra causa che vi ha fatto avere li denari. E, per far meglio intendere questa veritá, a che forse non prevale tanto il discorso, si metterá l'esempio.

FULVIA. Ruffo mio, vivi lieto, ché mai piú povero sarai. RUFFO. E tu non piú scontenta. FULVIA. E quanto posso aspettarlo? RUFFO. Subito che sarò in casa. FULVIA. Ti manderò drieto Samia perché tu me avvisi quel che te ne dice lo spirito. RUFFO. Fa' tu. E ricordati che anche lo amante si presenti spesso. FULVIA. Oh! oh! Non curare, ché ará denari e gioie a iosa. RUFFO. Resta in pace.

DOTTORE. E mia figlia, perché sotto auspicio di schiava fu introdotta in vostra casa, non che nuora, ma sia perpetua vostra schiava e di vostro figliuolo: e dove si ha pensato uccellar me, ará posto l'uccello in la sua gabbia. FILIGENIO. Orsú, trovinsi costoro, e questa sera medesima facciamo le nozze con reciproca sodisfazione.

ALESSANDRO. Io non gli torrò per non far pregiudicio alle mie ragioni. Andrò a Sua Eccellenza, raccontarò il fatto: ella dará ordine di quello che ará a farsi. M'incresce nell'anima ch'abbia a venir con voi, che v'ho stimato mio padre e padrone, a termini cosí fatti. FILIGENIO. O Iddio, che intrighi son questi ove mi trovo? Va', Forca, e vedi se puoi far nulla.

PANURGO. Non puoi dolerti che l'inganno non sia sottilmente trovato, accortamente esseguito e con gran credenza accettato. ESSANDRO. L'inganno che mostrò cosí buon principio, ha cattivo mezzo e ará pessimo fine. Quella speranza che fiorendo dava presaggio di felicissimi frutti, or è spenta del tutto. PANURGO. La cagione?