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Aggiornato: 10 giugno 2025


Statti, statti in casa meco; e sará molto meglio che andar notticon tutta notte. Deh , lasciatemi andare soggiugneva ella: alle veglie si va una volta l'anno, e vaccene tante de l'altre: avete voi paura ch'io non sie mangiata? Che belle parole! che vuol dir mangiata, cervellinuzza? disse il geloso. Oh! sta' costí, e non mi romper piú la testa.

O miei vasti disegni! o speranze! o veglie di meditazione indarno! Ben era morto l'aspetto d'Italia, nondimeno ebbi fede che un atomo di vita le si conservasse nel cuore; osai stendere la mano alla prova, ne ho ricavato la certezza dolorosa che da gran tempo la stringe ghiaccio di morte. Italia è spenta tutta per sempre. Maestro!

Questa è molto piú bella pazzia che quella che il Molza disse della donna sanese che gli pareva essere una vettina: essendo piú propio delle donne aver poco cervello che de' vecchi che, per mille ragioni, deveno essere savissimi. E non vorrei per cento scudi non poter contar questa pazzia alle veglie, al tempo dei carnovali. Or vengono in qua. Vediamo quel che dicono.

Qualunque cura le fosse resa da altri di casa, la uggiva e la rendeva malcontenta. Nelle sue veglie, nelle ore in cui era assalita da' suoi dolori, ne' momenti in cui il male pareva aggravarsi, non chiamava che Loreta. La voce di lei la pacificava, la mano di lei posata sulla sua fronte pareva le inducesse la calma nello spirito.

Tali sono le tue veglie. E quando pure il sonno d

Ebbe tempo fra ciò di stillarsi la sua libidine di vendetta: e fra le atroci veglie di quelle notti, l'andò ruminando, pungendosela alla fantasia, raffinandola quanto fosse mestieri per satollare quell'anima sua, ingorda di strazio e di sangue.

Ma io non voglio ragionare di politica, e perciò non farò cenno di uno dei più bei scritti dal Massarani nel volume Diporti e veglie, intitolato: L'utopia della Pace che finisce con un voto alla fraternit

«Voi che passate gonfii di superbe speranze, leggieri d'anni e di cure, udite; io ho visto i sudori delle agonie imperlare le pallide fronti; io ho visto le labbra bagnarsi di spume; io ho visto gli immobili sguardi degli occhi stravolti sotto le ciglia vischiose; io ho visto le bocche aperte come per l'avida sete dell'aria; io ho visto le rigide pieghe delle lenzuola ricoprenti i corpi accasciati.... Io ho passate le lunghe notti delle veglie alla triste luce dei ceri consunti, io ho udito il cupo martellare sulle bare che si chiudono, io ho aspirato l'acre odore della terra frescamente rimossa per ricettar le sue prede....

Nello stesso punto s'intese un grido di dolore e di rabbia, e un uomo livido in viso, con gli occhi injettati di sangue, con la barba incolta, coi capelli arruffati, sbucò dalla macchia. Era Cipriano, o piuttosto la larva di Cipriano. Le veglie, il digiuno, i patimenti d'ogni sorta, i malvagi pensieri avevano fatto di lui un altr'uomo.

Egli era come il matematico che ha condotto a fine un calcolo complesso, frutto di lunghe meditazioni, di veglie sudate, e s'avvede che il conto, così diligentemente condotto, non torna. Come s'è ficcato per entro, e dove si nasconde l'errore?

Parola Del Giorno

dell’esule

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