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Aggiornato: 29 luglio 2025
Il disegno fu ventilato anche alle Vaie, non gi
Bene si stupì il prevosto delle Vaie, ricevendo la visita del conte Gino. Ma questi fu pronto a dirgli che essendo calato da Querciola un po' prima del consueto, avrebbe fatto ora molto volentieri, visitando la chiesa e quel certo quadro antico di cui gli aveva parlato più volte Don Pietro, suo amico degnissimo. Il pretesto fu ammesso naturalmente per buono.
Chi sa? disse un giorno fra sè il signor Francesco Guerri, dopo qualche mese di quella vita monotona, mentre la sua bella figliuola, seduta al pianoforte, passava da un preludio delicato di Bach ad un'aria allegra di Mozart. Chi sa? Potrebbe fare un miracolo, il tempo! Appunto in quei giorni capitò alle Vaie una lettera dei cugini Guerri, che vivevano sul Reggiano.
Vi ho detto che Gino fu ancora per due giorni alle Vaie, con molta sicurezza di sè. Ci era andato il terzo giorno; ma la sua tranquillit
Il libro, che Gino Malatesti non aveva punto dimenticato, era stato scelto tra i più innocenti della libreria delle Vaie. Figuratevi che era il Novellino, in una piccola e modesta edizione di Parma. Non dava molto impaccio al portatore, e non c'era caso che gli si vedesse far grinze di fuori, al petto della giacca.
Quella sera, appena giunto co' suoi ospiti alle Vaie, il conte Gino volle ritornarsene al suo eremo di Querciola. Sentiva il bisogno di raccogliersi, di meditare, di assaporare la sua felicit
Ma che dice?... Io aggio fatto nu voto... Assassino! Assassino!... Tu vaie facenno vute 'e leva' femmene d' 'o peccato e te scuorde 'e na femmena ca sta int' 'o peccato pe te!... Ah, Dio! Dio!... Io mme steva cuieta, 'a casa mia! Tu si' stato ca me si' venuta a tenta'! Tu, tu, tu!... Tu t' 'e' pigliato 'o mmeglio 'e me! Tu si' stato!... E mo mme vuo' lassa'?!... Ah, che catena! Che catena!...
Gratitudine, sì, ne aveva molta ai signori delle Vaie, e doveva in qualche modo dimostrarla. Quelle cure amorevoli, quegli inviti a pranzo, erano cose di tutti i giorni; ma egli, nella condizione in cui era, non poteva neanche ritrarsene.
Alla polizia ducale, forse venti giorni prima, era giunta notizia di una festa sulle rive di un lago, di discorsi pronunziati, di evviva all'Italia, di voti temerarii per la distruzione dell'ordine stabilito, di una piemontesata, insomma, come allora si diceva, riferendo ogni protesta, ogni dimostrazione di sentimenti patrii, alle mene, alle istigazioni dell'aborrito Piemonte. Capi di quel tentativo, di quel principio di ribellione, erano i Guerri, i ricchi padroni delle Vaie, nè da meno di loro si era mostrato un parroco, che aveva osato imporre ad una barca il nome scomunicato d'Italia. La cosa era enorme, tanto enorme, che a tutta prima non si voleva credere alle relazioni avute. Si erano chiesti nuovi particolari, e i nuovi particolari avevano confermati i primi, aggravandoli. L'autorit
Conosco il suo carattere, per essere stato tre mesi con lui e aver portato i suoi biglietti ad Aminta, quando non si trattava d'altra distanza che quella da Querciola alle Vaie. Son io che vado a Fiumalbo per le lettere, e di suo non ho visto tanto così! È vero; confessò malinconicamente Don Pietro. Ma chi sa che cosa gli è accaduto, a quel povero ragazzo?
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