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Aggiornato: 28 giugno 2025


TRINCA. Io non vo' amici carissimi, ma di buon prezzo, ché ho pochi dinari. Che sei venuto a far a quest'ora? GULONE. E tu non sai l'usanza mia? TRINCA. Non mi ricordo. GULONE. M'è venuta una disgrazia, la maggior che mi possa venire. TRINCA. Dimmela, se non è cosa di stato. GULONE. Mi muoio della maladetta fame: io son venuto a sguazzare col tuo padrone.

Le era accaduto di regalar cappelli, vesti, scarpe, calze alla cameriera, alla manicure, alla prima donnaccola che le capitava tra i piedi, senza aver nulla indossato, tutta roba nuova di trinca: aveva visto di meglio; aveva pensato a un'altra foggia o a un altro colore.

, principale, ci son io. Lo vedo, babbaccione, che ci sei tu. Dico se non c'è stato ancora nessuno. , c'è stato il Trinca che andava all'osteria a pigliarsi una zuppa, e voleva darvi il buon giorno. Va l

ATTILIO. Se tu non vuoi esser mio medico, sarò io tuo. Ti darò un recipe di venti pugna sul mustaccio e di trenta calci nelle reni. TRINCA. No, no. ATTILIO. So che con due parole tu puoi far miracoli. TRINCA. Non son negromante, che fo miracoli con le parole.

TRINCA. , d'anni; ma povero di robbe e di cervello, puzza di fallito, e ogni giorno piglia dinari a perdita; e se ben s'ha consumato tutto il suo patrimonio a dadi, non consumará certo il matrimonio con vostra figlia. Con quelle sue bravaríe se vuol smaltir per quel che non è.

TRINCA. E cosí arai la tua moglie desiderata. ATTILIO. Cose contrarie: è trovata la sorella e arai la moglie desiata. Cosí, Trinca, ti beffi del tuo padrone? TRINCA. Avete il torto a dirlo. Voi arete la vostra Sulpizia ed Erotico la sua Cleria. ATTILIO. Or ti beffi di l'uno e di l'altro. TRINCA. Io dico il vero all'uno e all'altro.

TRINCA. Essendosi informato del capitano, ha ritrovato tutto il contrario di quanto gli hai detto; e se avesse fatto il matrimonio sotto la tua parola, arebbe annegata la figlia. Hai torto ingannarlo cosí. GULONE. Come egli ha ingannato me, cosí ho ingannato lui. TRINCA. Non sai tu ch'egli sostiene quelle sue grandezze con l'ombra delle bugie e con falsa fama?

EROTICO. Troppo gran cose stringete in breve fascio. Ma io vi resto con tanto maggior obligo, quanto meno conosco di meritarlo. PARDO. Giá stimo che Trinca mio servo e Attilio mio figliuolo v'abbino detto quanto desiderio io abbia di apparentar con voi... EROTICO. Ed il desiderio, che ho di servirvi, è cosí vivo e ardente, che non so che fare che da voi fossi creduto.

GULONE. Se mi lascio prendere da Mazzafrusto che mi frusti e ammazzi, e da Sgraffagnino che mi sgraffigni! a dio, a dio. TRINCA. Ascolta una parola... GULONE. Non ascolto parole. TRINCA.

TRINCA. Quello che voi chiamate zergo, son parole turchesche; e l'usa per farsi intendere dalla sorella che non intende ben l'italiano; e cosí mezo turchesco parlano delle cose di Costantinopoli. PARDO. Per dirtela, tratta troppo licenziosamente con la sorella: si baciano, si succhiano, si toccano, e fanno tutto il giorno alla lotta, l'un sopra l'altra, quasi che non se la pone di sotto.

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