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Aggiornato: 25 giugno 2025
Dal grande e buono Ottone in qua, e salvo un'eccezione cosí breve che quasi resta tacciata di ribellione, la corona imperiale romana rimase ottocentoquarant'anni a' tedeschi, la regia lombarda non n'è uscita tuttavia; e tutta la nazione fino a nostri dí, fu or piú or meno, ma sempre dipendente.
Nei soli Scaligeri di Verona rimaneva qualche forza, qualche speranza, il primato della parte ghibellina, a cui i tedeschi non pensavano piú. Ché, morto Rodolfo nel 1292, e succedutogli a re de' romani Adolfo di Nassau, non iscese, non poté nulla in Italia.
Ma la lingua tedesca gli dispiaceva, la cucina tedesca gli dispiaceva, gli ufficiali tedeschi che parevano considerare il mondo come un dominio loro proprio, il quale sarebbe stato presto o tardi tagliato a fette dalla loro spada, gli dispiacevano più che la lingua e la cucina.
Oh lo abbiamo saputo da un suo compagno; prese a dire la Maddalena e' pare che in quel giorno le cose non andassero molto bene, e il re aveva detto: «figliuoli, o facciamo noi San Martino lassù, o i tedeschi vengono a farlo da noi». Allora il capitano della compagnia disse: «ragazzi, c'è quel cannone lassù, che seguita a fare un fuoco indiavolato. Sei uomini di buona volont
Ottone II dimorò due volte a Ravenna e Ottone III vi soggiornò a tre riprese. Fu qui che questo giovane principe proclamò il primo dei Papi tedeschi, suo cugino Bruno, che dopo, sotto il nome di Gregorio V, si pose sulla propria testa la corona imperiale. Ottone III amava Ravenna e i suoi santi, con quella passione esaltata che fu il segno distintivo del suo carattere. Ivi egli elevò dal seggio episcopale alla dignit
Sicché ora, sfolgorante di stonate policromie, e sempre olezzante di grassa cucina, ricetta una sceltissima falange di giovani archeologi, venuti in Roma a raffinare il gusto nativo con lo studio dei libri tedeschi; e dalla vetta solenne del Campidoglio, in bella simmetria col Monumento al Padre della Patria, attesta all'Urbe la gloria di Guglielmo imperatore e del metodo scientifico alemanno.
Quindi avanzossi Federigo, ed incontrato dal papa gli tenne la staffa; incontrato da una deputazione del senato, che orò quasi senato antico ed elettor d'imperatori, passò oltre, ridendone egli e i suoi tedeschi, come succede degli scaduti che si credono grandi tuttavia.
La reazione trionfante in tutta l'Europa si ricordava appena di lui per chiedere sbadatamente se lo avessero fucilato, il popolo l'abbandonava, Mazzini l'astro del suo pensiero era scomparso o si era spento, Roma si stordiva d'incenso e di scampanio, i tedeschi stavano per uccidere Venezia, Genova più infelice era stata riconquistata dai Piemontesi.
Questa bella commedia dimostra come il vecchio Federico rimanga, quasi un mito, vivo anche nella memoria del popolo italiano che ancor oggi nei tedeschi distingue gli austriaci dai prussiani. Della Prussia non conosce che la storia del vecchio Federico che considera come un secondo Attila, e come vincitore degli austriaci.
E dopo le tosature, vennero i tatuaggi e le multiformi mutilazioni degli emendamenti. Tutte le volte che non capiva, ed è incredibile quanto spesso i tedeschi non capiscano le cose piú ovvie, Eselkopf, senza esitare un momento, emendava. Non saprei dire a che punto giungesse la aberrazione degli emendamenti. Aprite l'Eschilo commentato dal Wecklein.
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