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Aggiornato: 15 giugno 2025
Il mare, loro nemico, loro potenza e loro gloria, che sovrasta alla loro patria, che la tormenta e la teme, ed entra da mille parti e in mille forme nella loro vita; quel Mare del Nord turbolento, pieno di colori sinistri, illuminato da tramonti di una mestizia infinita, che flagella una riva desolata, doveva soggiogare la immaginazione degli artisti olandesi.
Oh, s’io potessi smantellar le porte Di questa vita maledetta e lenta! Ma il nulla mi spaventa: La debole e vigliacca anima teme L’al di l
Noi ignoriamo se altrove, ma certo avviene ih Italia, che il mal tempo spesso rimetta di giorno in giorno ad ore determinate, finchè, consumato lo spazio che deve percorrere, cessa del tutto; però adesso cominciava, come nella sera scorsa, a sentirsi il tuono lontano, e a vedersi lo sfolgorío sempre crescente. «L'ora si avvicina!» mormorò Manfredi. Si leva un fiero libeccio; la piena della bufera investe fischiando l'edifizio, lo scuote, ed accenna mandarlo sossopra; si ascolta il zufolare lontano che fa per quelle camere il cigolío degli usci e delle finestre; la grandine batte scrosciando le invetriate, come se dovesse spezzarle ad ogni momento, o strappate dagli arpioni trasportarle fin Dio sa dove. Santa Maria! pareva il Giudizio finale. Perchè Manfredi si volge intorno la sala con orme vacillanti? Teme egli che quello sconvolgimento sia una guerra che la Natura ha dichiarato contro di lui? Che susurra tra i denti? Santi del Paradiso! ha imprecato le potenze dell'Inferno. La procella imperversa; si fa con le braccia il segno della salute sul petto, e solleva peritoso il volto; viene un lampo; gli occhi di Manfredi, senza ch'ei lo sappia, sono diretti sopra la immagine di suo padre Federigo; quella luce vermiglia parve animarlo di un baleno di vita, e certo il ritratto storse le pupille scintillanti nel sangue, e agitò i labbri a parole di fuoco: guai a Manfredi se quella vista fosse durata più d'un lampo! il suo cervello ne sarebbe stato rotto, il cuore scoppiato. La oscurit
C'è che essa cerca ora di compromettere il Sovrano con la condotta più imprudente.... Si crederebbe che abbia smarrito la ragione.... Sapete che faceva così a piedi?.... Spiava se il re usciva: o se entrava nel palazzo qualcuna delle dame, che teme possano disputarle la sua influenza. Ma il Gorreso non è tornato?...
Egli vorrebbe, invece, persuaderla a rimandarlo da Milano, e le scrive una lettera, anzi una supplica, che finiva così: «Possa tu aver figli, eredi dell’impero, possa dio concederti tutto quanto desideri, ma rimandami a casa più presto che puoi»⁵⁰. Poi riflette a ciò che sta per fare, teme di compromettersi, inviando a Corte una lettera per la moglie dell’imperatore.
Chi me piú teme ed obbedisce, sappi, ch'ei m'ama piú. POPPEA ... Troppo mi rende ardita il temer troppo. Oh qual puoi farmi immenso danno! il tuo amor tu mi puoi torre... Ah! pria mia vita prendi: assai minor fia il danno. NER. Poppea, deh! cessa: nel mio amor ti affida. Mai non temer della mia fede: al mio voler bensí temi d'opporti. Abborro, io piú che tu, colei che rival nomi.
Se don Pietro non è ancora tornato, egli che ha un occhio da medico, vuol dire che nemmeno lui teme una disgrazia improvvisa. Questa assicurazione parve quietarle tutte e due.
Mia madre è venuta qui, mi ha baciato, mi ha domandato che cosa ho? Ho un mondo a rivelarle: non so da che parte incominciare: l'ho quasi respinta col dirle: Lasciami stare, lasciami stare quasi che lei fosse indegna di ascoltare le mie confessioni. Sempre così!... Respinta, si tace, soffre, forse come me, forse più di me, e fingendosi tranquilla mi domanda se le voglio bene. In questa promessa vuole ch'io le racchiuda una sacra promessa; ella forse teme.... Ha concluso con una sola parola: Tu sei troppo buono! Oh mamma, mamma, lasciami questa illusione: tu, cioè, non mi credi originale. O mia mamma, questa parola buono sulle tue labbra ha avuto un accento nuovo e sicuro: anche quand'ero piccino mi dicevi ch'ero buono. Anche oggi l'hai detto, e hai capito che dentro di me si compiono dei sacrifizi. O mamma, ti voglio tanto bene. E vorrei esser felice per raccontarti tutto, per farti esultare di tutte le mie umili contentezze, per avere in te l'interprete sincera delle gioie dell'anima mia. Passo dei giorni squallidi, tristissimi, meschini, lo vedi.... No, mamma, nella mia superbia dell'affetto, nelle mie gelose fantasticaggini, nel mio deserto, mi pare quasi d'esser fanciullo, volendoti bene, e m'infingo: ma invece dove sei tu, c'è il mio angiolo: tu angiolo di verit
DON FLAMINIO. Io sarei il piú ingrato uomo del mondo se, tu incappando per amor mio, non spendessi quant'ho per liberarti. LECCARDO. De' poveretti prima si fa giustizia, poi si forma il processo e si dá la sentenza. DON FLAMINIO. Non temer quello che non sará per avvenir mai. LECCARDO. Anzi sempre vien quello che manco si teme.
Non teme briga, ché non è chi le facci guerra; non teme di fame né di caro, perché la fede vide e sperò in me, suo Creatore, unde procede ogni ricchezza e providenzia, che sempre gli pasco e gli notrico. E trovossi mai uno vero mio servo, sposo della povertá, che perisse di fame?
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