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Aggiornato: 5 giugno 2025
STRAGUALCIA. Quand'io son morto, fatemi un brodetto agli archi. FABRIZIO. Basta che, ne la prima gionta, questa terra mi piace assai. E a te, Stragualcia? STRAGUALCIA. A me pare un paradiso, ché non vi si mangia e non vi si beve. Orsú! Non perdiam piú tempo a veder la terra, ché la vedremo a bello agio. PEDANTE. Tu vedrai qui il piú solenne campanile che sia in tutta la machina mondiale.
L'AGIATO oste, FRULLA oste, PEDANTE, FABRIZIO, STRAGUALCIA. AGIATO. Oh gentili uomini! Questa è l'ostaria, se volete alloggiare. Allo «Specchio»! allo «Specchio»! FRULLA. Oh! Voi siate i ben venuti. Io v'ho pure alloggiati altre volte. Non vi ricorda del vostro Frulla? Entrate qua dentro, ove alloggiano tutti e' par vostri. AGIATO. Venite a star con me.
Ma ecco il maestro che esce fuora. PEDANTE. Lasciate fare a me, ch'io vi do la cosa per acconcia, messer Gherardo. STRAGUALCIA. Guardatevi, padrone: ché questo maestro si potrebbe essere ribellato e accordato coi nimici; ché pochi si trovan de' suo' pari che tenghino il fermo. Volete ch'io cominci a infilzarlo e ch'io dica «e uno»? PEDANTE. Messer Virginio, padrone, perché queste arme?
CLEMENZIA. Tutta è stata volontá di Dio. È stato pur meglio cosí che averla maritata a quel canna-vana di Gherardo. Ma lasciatemi intrar drento, ch'io vegga come la cosa sta: ch'io lasciai gli sposi molto stretti; e son soli. Venite, venite. Ogni cosa va bene. STRAGUALCIA a li spettatori. Spettatori, non aspettate che costoro eschin piú fuore perché, di longa, faremmo la favola longhissima.
Ditemi un poco: chi trovareste voi che vi tenesse a tavola seco, nello studio seco, a dormire seco, se non questo giovinetto che è meglio del pane? PEDANTE. Per Dio, sí, mi mancarebbeno i partiti, quando io gli volesse! Ho tal che mi prega. STRAGUALCIA. Oh la buona robba! Passate, passate. PEDANTE. Vogliam far poche parole; e farai bene. Tórnatene a l'ostaria ed abbi cura alle robbe del padrone.
STRAGUALCIA. Pedante! pedante! PEDANTE. Lassa ch'io trovi il padrone!... STRAGUALCIA. Lasciate ch'io truovi suo padre!... PEDANTE. Oh! A suo padre che puoi dir di me? STRAGUALCIA. E voi che potete dir di me? PEDANTE. Che tu sei un gaglioffo, un manigoldo, un infingardo, un poltrone, un pazzo, uno imbriaco, posso dire.
STRAGUALCIA. O corpo mio, fatti capanna; ch'io so che, per una volta, alzarò il fianco. PEDANTE. Io penso, Fabrizio, che noi aviam pochi denari. STRAGUALCIA. Maestro, io ci ho veduto un figliuol dell'oste bello come uno angiolo. PEDANTE. Orsú! Stiam qui. In ogni modo, tuo padre, se lo troviamo, pagará l'oste. STRAGUALCIA. Parti che 'l cimbel fusse a tempo per far calare il tordo?
Poi faremo conto insieme. STRAGUALCIA. All'ostaria tornarò io volentieri e conto farò io a vostra posta; ma pensate d'avere a pagar voi. S'io non facesse qualche volta il viso dell'arme a questo sciagurato, non potrei viver con lui. Egli è piú vil ch'un coniglio. Com'io lo bravo, non fa parola; ma, s'io me gli mettesse sotto, mi squartarebbe, sí gross'ha la discrezione! Buon per me che lo conosco!
FABRIZIO. Dieci, non tanto una: ho forse paura di voi? VIRGINIO. Gherardo, ora che voi l'avete qui drento, ordiniamo di serrarla in camara con tua figliuola fino a tanto che si rimanda pei suoi panni. GHERARDO. Ciò che tu vuoi, Virginio. Pasquella, porta la chiave della camera da basso e chiama Isabella che venga giú. PEDANTE e STRAGUALCIA.
AGIATO. Garzon, pon giú quella valigia; ché m'avveggo che la ti spalla. STRAGUALCIA. Non ti curar di questo, tu; ch'io non voglio alleggerir la spalla, s'io non veggo di caricar prima il ventre. FRULLA. Bastarannoti un paio di capponi? Porta qua. Questi son per te solo. STRAGUALCIA. Non, eh! Ma gli è per uno antipasto. AGIATO. Guardate che prosciutto, se non pare un cremisi!
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