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Aggiornato: 17 maggio 2025


L'azzurra luce sognante degli occhi di Anne-Marie girava per l'uditorio, poi si fermava sul viso di sua madre... E l'angelica figurina suonante sorrideva. Nancy si sforzava allora di rispondere a quel sorriso: Anne-Marie la vedeva torcere la bocca in una smorfia strana, un sorriso terrorizzato che rimaneva poi impietrito su quel viso stravolto dalla paura.

L'avevano trovata! Scintillavano, ridevano... Poi lo Spirito della Musica piombava colle grandi ali tra di loro due, e portava via la sua bambina via, suonante e sognante, lontano dalla cerchia del materno amore... La signora vestita di nero si premette il fazzoletto sugli occhi. Nancy era avvezza a vedere quel gesto, ma pur sempre ne rimaneva commossa.

Ed ecco gli usignoli saltellare fuori dai piccoli tunnel fronzuti e inoculare l'adamantino sangue del loro canto nelle ramificate arterie del silenzio, sotto le palme che spandono l'anima sognante del Nilo. Giungono i primi invitati: ufficiali e soldati mutilati. Il loro incedere ha un ritmo sincopato sulla ghiaia scricchiolante dei viali.

Quella sera, quando venne l'impresario, Anne-Marie non era pronta come di consueto, pallidetta e sognante nel suo vestito di raso celeste. Era nel suo lettino, e dormiva rosea e placida, dopo la lunga giornata passata all'aria aperta. Siamo pronti? disse l'impresario guardandosi intorno. La piccola non può suonare questa sera, disse Nancy. E' stanca.

La sognante si scuote a un tratto e si scioglie dal braccio della cognata, non contenendo il suo sgomento e la sua agitazione. Mortella. Che dici? Chi è venuta? Giana. Tua madre. Mortella. Mia madre? Giana. . Mortella. Quando? Giana. Or ora. Mortella. All’improvviso? Giana. È certo una sorpresa che ci fa Bandino, per forzare gl’indugi.

Girai gli occhi; e rividi tra le dita di mia madre la cuffia in cui riluceva l'ago; rividi nella canestra tutti quei merletti leggèri e quei nastri rosei e cilestri che tremolavano al soffio del vento. Mi si strinse il cuore così forte che credetti mancare. Quanta tenerezza rivelavano le dita di mia madre sognante su quella gentile cosa bianca che doveva coprire il capo del figliuolo non mio!

Qual con ferrata zampa Ne le fumanti arene Orma il puledro stampa Ch'arabo eroe frenò, Tale in marmoree vene L'araba sesta osò Arco gentil, che ignoto Artefice addentella. Come fu vista il loto Iside Iddìa frangiar, E di meandri abbella Che le Peri intrecciar. Alterna il facil mirto Col nobile cipresso Ombre al sognante spirto, E di perenne umor Il murmure sommesso Molce a' gagliardi il cor;

Le vesti in cenci lor cadean da’ fianchi, avean nodose mani e scarni volti, e labbra ansanti, come di chi manchi. Col gesto d’una belva che si sazia bevevano alla dolce fonte umana generatrice di forza e di grazia. E più scendea per vene sitibonde il tesoro di vita, e più nel cuore della Sognante rifluiva in onde dense di succhi, turgide d’amore. La vita.

E passò sulle mie spente membra il sinistro orror della rivolta. Ebbi un piccolo viso di sognante bambina, bronzeo sotto il nero casco dei ricci. Modulai nel gergo basco le canzoni del vento e delle piante. Due stracci in croce mi facevan bella; il mio fiato sapea di fior silvano; per un soldo, nel palmo della mano, lessi la buona e la mala novella.

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