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Aggiornato: 9 maggio 2025
FRONESIA. Io te l'ho detto sempre che non bisogna fare in lor disegno mai di fermezza; ché son fatti appunto come le foglie e, con modi e parole e, come dicon, con lor servitú, trattengon tutte. E, s'avesser con mille commoditá, tutte gli son padrone; tutte li fan morir. Poi, vedi, al fine, i portamenti lor mostran l'amore e il lor poco cervello. LÚCIA. Orsú, Fronesia!
La massa moventesi è irresistibile, e ben lo sa l'astuto cavalier conduttore: egli non s'appone alla fuga, ma la segue, volando sul veloce e robusto corsiero, docile istromento di servitù anch'esso, quando è domato dall'uomo. E segue, e segue tenendosi su d'un fianco della truppa. E segue, sinchè l'ostacolo d'una foltissima vergine foresta, o d'un fiume arresti la marcia della massa informe.
Annetta intanto raccontava alla servitù i pericoli sofferti, felicitandosi della propria salvezza e di quella di Lodovico. In una parola, risvegliò il brio e l'allegrezza in tutta quella gente. Lodovico era lieto come lei, ma sapeva contenersi, e procurava inutilmente di farla tacere.
Se la fortuna mi favorisse in farmi trovar Pardo, il mio marito, e Attilio, il mio figlio, vivi, le perdonarei la servitú di vent'anni e la perdita di Cleria mia figlia; mi faria dimenticar de tutti i passati disaggi; né io arei che piú desiderar in questa vita. Ma veggio un giovane venir costá; dimanderò di lui.
BALIA. E che avendo ad esser di Cleria, vi supplica e vi scongiura, ch'in ricompensa dell'amor suo o per merito della vostra grazia, che in abito disconosciuto di paggio o di fantesca la riceviate in casa ne' vostri serviggi: se non come moglie, almeno come ministra della vostra felicitá e spettatrice del suo primo amore; e in quell'abito vi mostrará in parte quell'umil servitú con la quale desidera servirvi ogni ora.
CONSTANZA. O Dio, che sommamente desio vederla. PARDO. Attilio, va' su e fa' calar la tua sorella. ATTILIO. Vado. PARDO. Come sète venuta cosí sola. CONSTANZA. Lungo tempo bisogna, consorte mio, a narrar sí lunga istoria della servitú sofferta fra quei cani, de' lunghissimi travagli del viaggio, che non son stati minori. PARDO. Ecco la tua figlia Cleria.
Dica pure, dica pure; rispose Gino; aggiunga, per altro, che non mi lagnerò, se mi richiamano a casa. Capisco, ed anche in tempo utile per assistere ad una rappresentazione della Sonnambula; non è vero, signor conte? Questo mi par difficile, non glielo nascondo; ma creda pure che dal canto mio gliel auguro di tutto cuore. La mia servitù! Gino stese la mano al signor commissario.
MELITEA. Amore: ché se ben la natura mi fe' nascer libero, amor mi fa viver schiavo, godendo di questa servitú cara e dolce piú d'ogni libertá: avendo il corpo schiavo, arò sempre l'animo libero.
Costanza cara, io che fui cagion della tua rapina, son libero, e tu, per venir al mio comando, sei schiava. Oh, quanto la meritarei io la servitú che per me tu hai patito! PEDOLITRO. Voi piangete la viva, come fusse morta. PARDO. Come viva? PEDOLITRO. Come la stimate voi morta? se non è morta fra duo mesi, che son di lá partito, ella è piú viva e piú gagliarda che mai. PARDO. Ti fai beffe di me.
La fedelissima ed umil servitù tenuta gi
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