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Aggiornato: 29 maggio 2025
Drento, sú! FULVIA, SAMIA serva. FULVIA. Samia! o Samia! SAMIA. Madoonna! FULVIA. Vien giú presto. SAMIA. Io veengo. FULVIA. Muoviti, trista ti faccia Dio! Muoviti! SAMIA. Eccomi: che vuoi? FULVIA. Va' via or ora, truova Ruffo dello spirito e digli che venga a me subito subito. SAMIA. Vo sú pel velo. FULVIA. Che velo? Bestia! Tira via cosí; vola. SAMIA. Che diavol vuol dir tanta rabbia?
Mi pare che non tieni allegri la signora sposa! tuonò Merelli e dov'è andata Ninetta? Ninetta! Con la prontezza di un baleno la serva apparve. Prepara il caffè. Alberto volle protestare, Marta anche. Che? disse Ninetta. È subito fatto. Non prendo mai caffè soggiunse Alberto e mia moglie... Ninetta intervenne lestamente: Un bicchiere di vin bianco allora? Brava! fece Merelli.
Ma un rumore sommesso arrivò nel salotto. Tacquero; la signora Cesarina si alzò e poco dopo la faccia scialba della serva apparve alla porta senza dir nulla. La signora Cesarina uscì. Appena sole, le due donne si guardarono tremando.
Nell'aprir la porta, intese alcune voci, e vide un lume in fondo al corridoio. Era Annetta con un'altra serva. «Ho piacere che siate venute,» disse Emilia; «qual cagione vi ha trattenute tanto? Favorite di accendere il fuoco. La padrona aveva bisogno di me,» rispose Annetta un poco imbarazzata. Vado subito a prendere le legna. No,» disse Caterina, «è incombenza mia.» Ed uscì.
Felici! esclamò la serva. Ecco, concluse la signora Valeri; loro sono felici, e noi... Sapete che ho da dirvi? Che è un guaio lavorar troppo col cervello, che... «Ah! ne raisonnons pas, c'est bien assez de vivre».
Non so quanto tempo durasse. Quando mi svegliai ero nella mia camera, sulla stessa poltrona. Accanto a me era seduta la vecchia serva del babbo. E sulle mie ginocchia un pezzo di carta su cui era scritto a matita: «Coraggio, Fulvia. Non ha voluto che lo vedeste morire; non vuole che lo vediate più.
Il Carnevale di gennaio e febbraio aveva una ripresa in autunno col Pirro re d’Epiro del Zingarelli, con La Serva padrona e con gli Zingari in fiera del Paisiello; e nel Carnevale seguente, passato clamoroso per gli applausi riscossi dalla prima donna Anna Davì o Davya piemontese, la quale, benchè attempatella, nella Zenobia in Palmira di Pasquale Anfossi cantava con grazia ed eccellenza singolare.
La signora Veronica le aveva prestato una delle sue camice, una gonna e un paio di calze bianche, la signora Cesarina aveva mandato un paio di stivalini suoi, quasi nuovi, con un abito della serva, di lanetta blu; e però Tina non pareva più la stessa. Silenziosamente si era lasciata pettinare e vestire.
Serva, lavandaia, carbonaia, cucitrice, stiratrice, erano tutti insieme i tormenti che lo flagellavano. Nè v'era mezzo di liberarsene. Le poche ore che gli rimanevano libere doveva consacrarle alla casa, eccetto che non avesse trovato più comodo d'andar in rovina, lasciando fare alla serva il piacer suo.
Anche Rosina si levò da sedere, mosse incontro al nuovo arrivato e gli fece una bella riverenza, dicendo con un bel sorriso: Serva sua. Marone si avanzava con un risolino, che voleva essere grazioso, alle labbra.
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