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Aggiornato: 11 giugno 2025
Così noi siamo, come suol dirsi, sicuri come due principi; e in certi casi, lo sapete, non si ha mai torto; c'è chi serra un occhio. Sta bene. Dunque.... Dunque, mi rivedrete al più tardi domenica ventura: il luogo vel farò sapere. Ma, silenzio, per carit
Ed ecco come è andata la cosa. Il mio fattore era in campagna, alla Serra, per visitare un piccolo podere che abbiamo noi, tra monte Acuto e San Bruno. Discendeva appunto da una scorciatoia in mezzo ai faggi, quando vide andare in su due persone, sedute sugli asinelli, e seguite da un contadino, che portava due sacche da viaggio. Una di quelle due persone era il signor Prospero Gentili.
E pian piano, dalla sedia in cui era seduta dirimpetto, gli scivolò inginocchiata, innanzi, levando il volto trasfigurato verso Giovanni Serra. Egli la sollevò, nelle sue braccia, dicendole forte, violentemente come se volesse convincerne sè stesso, mentre la stringeva a sè: Io non ti amo.... non ti amo!
ERASTO. Dovevi star imbriaco, però ti pareva di veder questo. DULONE. Ben sta: in pago del ruffianesimo che v'ha usato, v'ha dato un bel paio di corna. ERASTO. Dovevi star in estasi. DULONE. È possibil, padrone, ch'egli cosí volentieri vi fa credere il falso, ed io non basta a farvi vedere il vero? ERASTO. Entra e serra l'uscio. Tic, toc. ERASTO. Chi è lá?
Egli sopportava qualunque insulto, ora tranquillo, ora umile, ora amorosissimo, e questo, non per amore, no, io lo intendeva bene, ma per la consuetudine della passione, per il legame oscuro ma saldo con cui la passione serra le persone, per la passione della mia persona, delle mie labbra, delle mie braccia!
Al santo amplesso, Che in una morte e in un amor vi serra, Tragge Italia gli auspicî. Il brando ha cesso A la guaína, e cinta Sol di virtù suoi baluardi atterra. Regna Amor l'alme, Amor varca gli abissi, Penetra il mar: cade al suo soffio estinta L'ira dai petti; e, al pari Che nei confusi mari Vedi gl'istmi cader squarciati e scissi,
Dalla via Gennaro Serra, un continuo rumore di carrozze si udiva: tutti uscivano dalle loro case, tutti se ne andavano per le strade, a respirar meglio, a guardare le stelle, a godere la notte napoletana bella, fresca nelle ore alte. Egli si fece di nuovo al balcone, soffocando: ritornò alla scrivania, si rimise a scrivere, ma non vi riuscì. E perchè avrebbe dunque scritto?
e ora in te non stanno sanza guerra li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode di quei ch’un muro e una fossa serra. Cerca, misera, intorno da le prode le tue marine, e poi ti guarda in seno, s’alcuna parte in te di pace gode. Che val perché ti racconciasse il freno Iustinïano, se la sella è vòta? Sanz’ esso fora la vergogna meno.
20 Non so, Signor, se più vi ricordiate, di questo Saracin tanto sicuro, che morte le sue genti avea lasciate tra il secondo riparo e 'l primo muro, da la rapace fiamma devorate, che non fu mai spettacolo più oscuro. Dissi ch'entrò d'un salto ne la terra sopra la fossa che la cinge e serra.
Così senza aspettare gli aliti primaverili, proprio nel mezzo del verno, il mio cuore si schiudeva in serra calda, come una pianta forzata ad arte, come la semente dei bachi messa a prova, e da tale schiudimento nasceva un nuovo amore... quel tale antropofago destinato a mangiare il suo simile... gi
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