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Aggiornato: 13 luglio 2025


Forse, nel momento che s'induceva a scrivere la severa e giusta sentenza, egli ripensava il processo di creazione con cui erano venuti fuori nei Promessi Sposi i diversi personaggi: Don Abbondio, Perpetua, padre Cristoforo, don Ferrante da un lato: l'Innominato, la Signora di Monza e il Cardinale Borromeo dall'altro; gli uni tutti di un pezzo, organici, figli soltanto della sua immaginazione; gli altri messi insieme con elementi imposti dalla cronaca e dalla storia.

Dov'è questa Ninfa, che io non la vedo? disse Aminta, volgendo gli occhi al sommo della balza. Eccola! disse Gino, indicando Fiordispina. La fanciulla era seduta sul masso, e la sua bella testa di Minerva Glaucopide spiccava con la precisione di un antico cammèo sul fondo azzurro del cielo. Vada per il complimento! rispose Aminta, ridendo. Ma non ha i capegli d'oro, che ci ha promessi Don Pietro.

Sul cominciare di dicembre, ei finalmente mi dichiarò che gli riusciva impossibile d'ordinare anche cento sui mille uomini promessi; che la polizia parigina informata, l'aveva interrogato sul disegno; ch'ei s'era valentemente schermito, ma che invigilato, adocchiato in ogni suo passo, ei non poteva ormai più adempiere alle sue promesse e mi rimandava 10,000 sui 40,000 franchi affidatigli.

Stanca però anche donna Amalia d'udire teorie, volle che don Annibale le dicesse il suo parere intorno ad alcuni Romanzi storici italiani, addomandandolo della Pianta dei sospiri, del Gabrino Fondulo, del Castello di Trezzo, della Sibilla Odaleta, e finalmente dei Promessi Sposi.

Voi forse immaginate che vi faccia dormire nella stessa baita entrò a dire la zia Maddalena, facendosi tra i due promessi sposi e guardando in faccia ora all'uno ora all'altra con una espressione di soddisfatta allegrezza. Niente affatto: finchè il sor curato non avr

Il pubblico sorride alla tirata dell'onesto patriotta, e continua a leggere i Promessi Sposi e ad ammirarli sempre più.

Appena che i Promessi Sposi si pubblicarono, il pubblico li comprò e li lesse avidamente: se ne fecero subito in tutte le provincie d'Italia ristampe, in Francia, in Germania, in Inghilterra traduzioni. Il pubblico lesse ed ammirò; parecchi nobilissimi ingegni sacrarono tosto con parole di vero entusiasmo il capolavoro della moderna prosa italiana; i soli letterati di professione, facendo il loro solito invido mestiere, criticarono indegnamente. Ma il pubblico, come spesso accade, non gli ascoltò; i Promessi Sposi diventarono, in poco tempo, classici; i luoghi descritti nel romanzo parvero degna mèta di nuovi pellegrinaggi ideali; i tipi de' Promessi Sposi diventarono tutti popolari; il romanzo parve così poetico, che un Del Nobolo si provò pure a mettere quella storia in versi; la pittura, la musica s'impadronirono di quel tèma popolare, reso illustre da una mente sovrana; fino ad oggi le edizioni italiane del romanzo superano le centocinquanta. Nessun libro italiano è forse mai stato letto di più; e pure è singolare che oggi, dopo oltre cinquant'anni, ci siano ancora da scoprire ne' Promessi Sposi tante finezze, tante bellezze che erano passate intieramente inosservate. Un commento ai Promessi Sposi rimane ancora da farsi e non può mancare. Il libro è assai piano, e non sembra abbisognarne: e pure confido che quanto ne sono venuto dicendo fin qui, abbia gi

FACIO. I trenta scudi in pegno delle mie vesti che colui, partendosi da voi, mi vi lasciò in pegno. GERASTO. Che scudi, che pegni, che vesti? FACIO. Dico i trenta scudi che mi avete promessi per le vesti. Dico che mi date i trenta scudi per che colui che si partí da voi Famasio o Famosio che si chiama, mi ve lasciò in pegno per le mie vesti. Intendetemi adesso o volete che parli piú alto?

"No, v'ingannaste, perchè il dovetti quest'anno lasciare a Milano, essendo il suo, ed il posto di due o tre altre mie predilette opere occupato dai Promessi Sposi, e da altri romanzi recenti: sebbene vi dirò che le Peregrinazioni di quel finto vecchio militare, la cui vivacit

Del rumore che fecero al loro apparire, i Promessi Sposi, possiam prendere argomento dalle seguenti parole di Paride Zajotti, il critico detta Biblioteca Italiana: "Alessandro Manzoni conduce in Italia la scuola romantica; la placidezza della sua vita, la dignitosa temperanza dell'alto suo ingegno valsero a liberarlo da questo onore pericoloso, cui necessariamente lo solleva la fama universale delle sue opere, e il bisogno riconosciuto da' suoi seguaci di ripararsi sotto un gran nome. Non è quindi a maravigllare, se le sue scritture al primo venire in luce destano una commozione viva, e chiamano tosto i partiti a sdegnose e gareggianti parole; i classicisti non gli vogliono permettere d'acquistar tanta gloria violando i loro antichi precetti, e i romantici menano un romoroso trionfo, attribuendo alla bont

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