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Il Manzoni risciacqua in Arno la sua prosa; i critici, chi lo loda, chi gli rimprovera di aver guastato lo stile del suo romanzo: il pubblico gusta di più in più l'opera d'arte, e lascia dire. Viene il Settembrini e scomunica i Promessi Sposi come lavoro reazionario, appunto quando si gridava da ogni parte: O Roma, o morte! Per ammazzare qualunque altro romanzo, ci sarebbe voluto meno assai.

"I Promessi Sposi, conchiuse don Annibale, s'udirono annunziare tanto tempo innanzi che apparissero al pubblico, ch'ebbero tutto il campo di ricevere dalle mani abilissime del loro valente autore quella forbita lucente, e veramente nuziale acconciatura, di cui egli seppe adornarli. V'ha in quei libri una inimitabile propriet

Per don Luigi, innamorato degli avvegnachè e dei conciossiachè, il Manzoni era un barbaro, e non c'era scribacchino d'istanze ch'egli non preferisse all'autore dei Promessi Sposi. Onde sopra una sola cosa egli domandò al conte Zaccaria che gli fosse lasciata mano libera: Bisogna ch'ella mi permetta egli disse di formare a mio modo lo stile del mio allievo.

Lascio lo fele e vo per dolci pomi promessi a me per lo verace duca; ma ’nfino al centro pria convien ch’i’ tomi». «Se lungamente l’anima conduca le membra tue», rispuose quelli ancora, «e se la fama tua dopo te luca, cortesia e valor se dimora ne la nostra citt

Ci fu introduttore in casa Manzoni il Rosmini, giovanissimo allora, ed il quale avevo conosciuto per mezzo di un assai colto e gentil veneziano, per nome Antonio Papadopoli. I Promessi Sposi erano usciti in luce pochi prima, ed io li avevo divorati con un piacere infinito, tanto più poi in quanto che m'avevo sott'occhio i luoghi, dei quali parla quel mirabile libro.

Vi ricordate del sarto letterato dei Promessi sposi, che dopo aver studiate mille belle cose da dire al cardinal Federigo per farsi onore, arrivato il momento, non sa dir altro che un: Si figuri! di cui rimane avvilito per tutta la vita? Ebbene, mi duole il dirlo, e lo dico per castigarmi: io feci la stessissima figura di quel sarto; anzi una figura cento volte più trista.

Lascio lo fele e vo per dolci pomi promessi a me per lo verace duca; ma ’nfino al centro pria convien ch’i’ tomi». «Se lungamente l’anima conduca le membra tue», rispuose quelli ancora, «e se la fama tua dopo te luca, cortesia e valor se dimora ne la nostra citt