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Non posso saper io la cagion della tua rabbia? sbuffi, e mordi l'ugne: hai meco alcuna cosa? Se tu sapessi da quanta angoscia e tribulazione è afflitta l'anima mia, n'avessi compassione; però di giá vattene, ch'io me la torrei con le mosche. Ma ecco quel traditore! FORCA. Fermate, padrone: che volete fare? PIRINO. Romperti la testa.

Deh! mirami, signora mia, ascolta la mia canzona. Perch'è d'altri mia persona, che pensiate voi che sia? Siam, siam per via, guallá! Ditemi, signora, vi piace il mio ballo e la mia canzona? MELITEA. Mirami in fronte, leggi nel soprascritto: come può capir alcuna consolazione nell'anima mia? PIRINO. Conosco, signora, da certi segni del volto che sète molto tribulata d'amore.

PIRINO. E se pur ogni mille anni ti dessi qualche colpicciuolo, lo fo da scherzo: non sai, Forca mio caro, che chi ti vuol bene, ti fa piangere? Accadono ben spesso fra gli innamorati delle questioni e delle bòtte, e pur non lasciano d'amarsi: son segni d'amore.

PIRINO. Che ave a far cavargli i dinari dalle mani e scoprirgli i miei secreti? non potevi dargli ad intendere alcuna altra cosa? FORCA. No, che fusse verisimile e credibile come quella, perché giá mezza la credeva, e v'era l'amor suo; e che sia vero, la riuscita ave approvato il mio consiglio. PIRINO. Che gli hai dato ad intendere?

MELITEA. Queste lodi non convengono alla schiava che ben conosce il suo proprio merito, ma alla generositá dell'animo del suo padrone. PIRINO. Dove è vero amore, non ci sono lusinghe e inganni. FORCA. Padrone, questo non è tempo da scherzi: abbiam bisogno di prestezza e che i fatti prevengano le parole, se non, siam rovinati.

PANFAGO. Ditemi, in che volete adoprarmi? PIRINO. Ma avèrti che bisogna che tu sia secreto: ci va la vita! PANFAGO. Ce ne andassero mille! PIRINO. Però ti priego non farne motto ad alcuno. PANFAGO. Mi fate torto a pregarmi di quello che è mio debito di fare. FORCA. Lo ci dirá, padrone. PANFAGO. Perché cosí faresti tu.

FORCA. Forzatevi. PIRINO. Ogni cosa può essere, ma che muti pensiero non mai. Ami qualunque li piace, facciami quante offese ella puote, non sará mai che quei disgusti e quelle offese non mi sien piú dolci di quante dolcezze potessi aver in questa vita. FORCA. O padrone, è caduta una lettera dalla sua fenestra: eccola, mirate se viene a voi. PIRINO. Conosco la sua mano.

PIRINO. Te ne cerco perdono, dammi il castigo e non se ne parli piú. FORCA. Ve lo darei per certo volontieri; ma dubito che or togliendolo da scherzo, quando poi vi saltasse la mosca non me lo rendessi da senno e con l'usura ancora. PIRINO. Ti giuro su la mia di non toccarti piú mai. FORCA. Avete giurato cosí mille volte; ma montandovi quel maladetto ghiribizzo, tornate come prima e peggio.

DOTTORE. Son rovinato ben io. MANGONE. Ho perduto cinquecento ducati. DOTTORE. Ho perduto l'innamorata. MANGONE. Son punito delle beffe che m'ho fatto di lui. DOTTORE. Come t'hai lasciato ingannare? MANGONE. Non son stato ingannato altrimente da lui, ma ben da un raguseo il qual m'ha portato un schiavo a vendere, che, or che vi penso bene, avea tutte le fattezze di Pirino.

PIRINO. Starò a veder quel che fará costui: alcuna solenne astuzia gli uscirá di mano. FILIGENIO vecchio. FILIGENIO. Fu giudicata sempre la buona educazione il fonte e l'origine degli abiti virtuosi e il fondamento delle umane felicitá, e tanto necessaria al buon vivere quanto l'anima al vivere.