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FORCA. Dico il vero, a voi sta il creder quel che volete. FILIGENIO. Non mi hai risposto a quello che ti dimandava. Vuoi tu negarmi che Pirino non stia innamorato di una puttana, chiamata Melitea, che l'ha in poter un ruffiano che ne chiede cinquecento ducati? FORCA. Signor no, signor , eh, padrone.

PIRINO. O fortuna, sei piena d'aggiramenti! sperava da te mia madregna qualche effetto di madre, ma m'accorgo ch'ancor sono ammogliato con la disgrazia, perché non fo un disegno, che la fortuna non ne faccia un altro in contrario. FORCA. Ma io, sciocco ignorante, come non avessi mai fatto altra truffa, ho avuto fede ad uno che ha mancato sempre di fede.

ALESSANDRO. Andrò or ora a servirvi; ho da scambiar questi e altri a vostro servigio; a dio. PIRINO. A dio. O Filigenio, Iddio vi conceda ogni vostro desiderio. FILIGENIO. Non è altro il mio desiderio che servir voi, caro ALESSANDRO. ALESSANDRO. Or veniva insino a casa vostra, per pregarvi d'un segnalato favore.

Ma ditemi, poiché tanto sapete, dove si ritrova egli ora? PIRINO. In questa strada. MELITEA. Come in questa strada, che se mi volgo intorno intorno, non veggio altri che te? PIRINO. Ha ragionato ed è stato con voi, come state e ragionate meco; e v'è piú dappresso che non pensate. MELITEA. In qual luogo m'ha ragionato? PIRINO. Dove voi sète e io sono.

Che si fa? PIRINO. Se sta combattendo con la rabbia e con l'ira; e ne ho tanta nel petto, che bastarebbe a riempirne tutte le fère del mondo. PANFAGO. Che colpa ci ho io? Volete voi con la vostra rabbia uccidere voi e me in un colpo? Se col mostrarti rabbioso e iracondo pensi che io non abbia a desinar teco, l'erri in grosso.

MANGONE. Ed io vo' al molo a trovare il raguseo. PIRINO. Comporterai, o Forca, che tu e io siamo scherniti e vilipesi da un furfante ruffianello? Diménati, risvégliati, dimostra che sei vivo e non dormi: ove è l'ingegno, ove sono le tue grandezze, ove i tuoi gran fatti che fur tutti prigionieri delle tue astuzie?

PIRINO. E quel che piú mi molesta è che l'impresa cominciata e proseguita con tanta gloria, or ci partorisca contrario effetto; e ci assassinano con l'astuzie imparate da noi.

Vi vo' far conoscere che vaglio tanto oro quanto peso: son rissoluto d'ingannarlo. PIRINO. Come? dove? dimmi. FORCA. Non so il come il dove: levo di qua, pono di ; sconcia di qua, poni di , andrò tanto girando col cervello, che qualche cosa sará. Ma ecco tuo padre, conosco negli occhi il fuoco della còlera: scostati da me, che non ci veggia insieme.

FORCA. Lo scaricheremo di peso di argento. PIRINO. Non sará possibil mai, perché sta tanto sospetto di noi, che, nol facendo stima che lo facciamo; poi se lo saprá, che fia di noi? FORCA. Ti fo la sicurtá con le mie spalle. PIRINO. Tu sai che in casa non mancano legne, e quando ce ne fusse carestia, abbiamo la villa vicina.

ALESSANDRO. Come ponno essere amici chi ne spezzano le porte? PANFAGO. Aprite tosto! ALESSANDRO. Chi sei? PANFAGO. Il soverchio bere ti ará tolto il vedere. ALESSANDRO. Chi dimandi tu? PANFAGO. Pirino, dico. ALESSANDRO. Non è in casa, è uscito poco fa. PANFAGO. Ha egli forse alzato il fianco? ALESSANDRO. bene. PANFAGO. Non ha lasciato alcun bocconcello, alcun miserabil rilevo per me?