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Aggiornato: 27 giugno 2025


MELITEA. Io non mi affligo per me ma per voi, stando io sicura che mi aiutarete, se non quanto io, almeno quanto merita l'amor mio; e travaglimi la fortuna quanto gli piace. PIRINO. Vita mia, con tanta cortesia piú m'obbligate e mi sforzate ad esser piú vostro che mio, e se il destino facesse che non avesse ad esser vostro, almeno non sarò d'altri.

MELITEA. Poco è conoscer questo, ché l'ardentissimo foco, quasi un lampo, lo porto impresso nel volto. PIRINO. Noi schiavi di Egitto siamo negromanti; e da spiriti folletti che tenemo nelle caraffine indoviniamo quello che volemo. MELITEA. , eh? orsú, indovina chi amo io? PIRINO. Un giovane che si chiama Pi... Piri... Pirino. FILACE. Che ragionate voi di spiriti?

Questo modo è precipitoso, questo non è buono; qua ci va la conscienza, qui la riverenza: voi quello che potete, non volete, e quello che non potete, volete. Ne avete poca voglia. A dio. PIRINO. Oh, come sei colerico! stammi allegro, che ad un ammalato è gran refrigerio aver un medico allegro. FORCA. Voi sète un ammalato troppo pusillanimo e disobediente; non volete sorbir le medicine.

DOTTORE. Io con la giustizia gli levarò Melitea con la vita. FORCA. L'uno e l'altra si strangolerá, e preverrá con una morte volontaria la violenta. DOTTORE. Ti do podestá che s'elegga un marito, come saprá desiderarlo. FORCA. Non bisogna piú elezione, ché se l'ha eletto giá; anzi una cosa vi fo saper certissima: che voi vedrete piú lei, Filigenio il suo Pirino. DOTTORE. Come?

PIRINO. Io non vorrei parer tanto quel che non sono, che, volendo, parer quel che sono non potessi. PANFAGO. Ma io come vi paio? PIRINO. Veramente mi par che tu non sia, devresti mai far altro che ingannare: cosí dimostri essere un gran ladro, e se non ti conoscessi, ti giudicherei un ladro naturale.

PIRINO. Mi vo' fidar della tua fede, ché non manchi di fede a chi si fida nella tua fede. PANFAGO. Eccovi la mia fede di osservarvi fedelmente la mia fede. PIRINO. Fa' che non t'esca di bocca.

PIRINO. Queste tue medicine son troppo violenti per lo pericolo della vita, troppo nauseabonde per l'infamia e troppo amare per l'anima: e se ben la polvere del delitto mi accieca l'occhio della ragione, pur non son tanto cieco che non conoschi l'errore. FORCA. Perdo il tempo, mi vo' partire. PIRINO. Aspetta, férmati un poco. Ahi, traditora fortuna, a che mi conduci?

MELITEA. la morte istessa che si può dir piú della morte? e se ben la morte per altra cagione mi parrebbe amara, per ciò mi sarebbe piú cara della vita. PIRINO. Se ve lo facessi vedere, che pagareste?

PANFAGO. Quando vedrai l'architettura ch'usarò in contrafar i salciciotti e le provature e i confetti, resterai stupito; e sará non men gloria averlo beffeggiato nello schiavo che nel presente. FORCA. Entriamo, perché non abbiamo a far altro; ché Pirino deve struggersi di desiderio di far presto.

FORCA. Che per salvar voi dal pericolo del dottore bisognava pagargli cento scudi che li mancavano per lo riscatto di Melitea; e la menava seco fuor di Napoli e, come era lontana dagli occhi vostri, ve s'allontanava dal core. Se l'ha bevuta, datomi i danari e restituito voi nella sua grazia. PIRINO. Se è cosí, ho il torto. FORCA. Mille torti, non ch'uno. PIRINO. Perdonami.

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