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Aggiornato: 27 giugno 2025


PANFAGO. Certo, se non avesse visto io imbrattarvi il viso con quella polvere, non crederei mai che foste Pirino: cosí rassembrate un schiavo al naturale; ci è questo di buono ancora, che incontrandovi con Melitea non sarete scoperto, se diventerete pallido o rosso con Mangone, ché il color nero nasconde il color del volto sotto la tinta: andate come in maschera.

PIRINO. Dico: «meco», con me medesimo. FORCA. Dunque voi e meco son due persone? PIRINO. Non t'ho detto tante volte che l'anima mia non è dove ella abita, ma dove ama? avendo io l'animo fisso nell'amato oggetto, resto col corpo abbandonato senza anima; or ch'era ritornata al suo luogo, ragionava con lei.

E perché non v'imaginate che abbia rotto lo scudellino del belletto, o che abbia i suoi mesi e che i cerchi degli occhi li stieno lividi, o che abbia il ranno troppo forte che l'abbia scorticato la fronte, e però non si lasci vedere? PIRINO. In somma, ella ará mutato voglia. FORCA. Mutatela ancor voi. PIRINO. Subito dái consiglio, perché non ti duole come duole a me. Io non posso.

FORCA. Non è cosa da ragionarsene in piazza: potrebbe egli sovragiongere e stimarebbe che il tutto fusse uscito da me, e non si potrebbe piú rimediare: vi mostrerò modo di salvarlo. PIRINO solo. PIRINO. Ah, Forca traditore, che tradimento m'hai tu fatto? farmi suspetto e reo appo mio padre! Ti arai voluto vendicare di quelle bastonate de quali poco anzi ti dolevi di me.

PIRINO. Egli non ha per altro cari gli occhi suoi, che per mirar voi; per altro il suo core, che per serbare inviolabilmente nella sua piú interna parte la bellezza e i vostri costumi: e si gloria piú del titolo di esser vostro schiavo, che di tutti i reami del mondo. Sète sua, foste sua, per l'avvenir basterá accidente alcuno a far che non siate sua.

Chi mi ha portato costui dinanzi? a me con beffe? sarò uomo da vendicarmene. CAPITANO de birri, FORCA, ALESSANDRO, PIRINO, PANFAGO. CAPITANO. Eccoci qui apparecchiati a servirvi. FORCA. Or ponetevi qui in agguato; e passando quel furfante, lo pigliarete e strascinatelo in prigione. PIRINO. Ecco Alessandro. La cosa va bene.

FORCA. Se i segni d'amor che devo aspettar da voi saranno di darme bòtte e di farmi piangere, da or vi disgrazio di quanto amore sète per portarmi giamai. I vostri scherzi a me non piacciono: gli asini soli, quando scherzano, si dán morsi che si stracciano la pelle, e calci che si rompono l'ossa. PIRINO. È cosí gran cosa soffrir due bòtte per un amico?

FORCA. E di che cosa? PANFAGO. Crepo della traditora fame. FORCA. Dio ti ci mantegna. PIRINO. Panfago, abbiamo bisogno di te; e se ci aiuti, te ne aremo obligo. PANFAGO. Per acquistarmi la vostra grazia andrei nel fuoco. PIRINO. Se, non avendomi mai fatto servigio, la casa mia t'è stata sempre aperta, pensa che sará se ricevo da te cosí segnalato servigio.

MELITEA. Ma che son io che merito esser riscattata con gran prezzo? Ma questo non per mio merito, ma per vostra gentilezza, ché avete riguardo alla vostra propria natura non al mio poco valore. Ma come io potrò riservirvi tanta cortesia, essendo ella infinita e io cosa finita? PIRINO. Io non posso dirvi qui la trappola che abbiamo consertata, ché darei sospetto di voi al guardiano.

PANFAGO. Nomi che si usano in Schiavonia. MANGONE. Amor, vien qua, non mi vòi tu servir con amore? PIRINO. Ben sarei discortese e villano, se, voi avendomi comprato con grande amore, non mi disponessi a servirvi con grandissimo amore. MANGONE. Servendomi lealmente, ti terrò da figlio, non da schiavo. PIRINO. Anzi, servendo voi, mi parrá di servire non un padrone, ma mio padre.

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