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Aggiornato: 27 giugno 2025
E sará bene che né Pirino né Forca ci veggia insieme; ma, mentre che stanno addormentati in tanta allegrezza né curan piú d'altro, non s'accorgano che vogliamo rovinargli e possano preveder l'apparecchio.
FORCA. Questo è il premio di chi ave aperto la cassa e la borsa di vostro padre, e or ve le porto? PIRINO. Che borsa? che ci è ivi dentro? FORCA. Cento scudi che son il cuor di vostro padre. PIRINO. Come ce l'hai cavati dalle mani? FORCA. Basta l'avemo, a che bisogna saper il modo?
PIRINO. Son in un mar di travagli; né per tanti travagli l'amor scema, anzi piú cresce: o disgrazia senza rimedio! FORCA. Dico che non è senza rimedio, né questo è tempo di consumarlo in lamenti. PIRINO. Il piangere è fatto mio famigliare. FORCA. Vo volgendo per l'animo molte cose.
FORCA. Non è usanza di servi forse? PIRINO. E quando lo saprá, che faremo? FORCA. Che so io? qualche mala cosa. PIRINO. E questo è l'amor e la riverenza paterna? FORCA. E voi coricatevi la notte con questa riverenza, abbrac- ciatevela e baciatela, e lasciate star Melitea.
Tutta è ricci e belletti e abbigliamenti e attillature, e tutta cerimonie, però cosí amata da quel napolitano che non è altro che fumo, schiuma, neglia e vento: vivono di nebbia e si pascono di fumo, e chi se impaccia con loro si trova con le mani piene d'aria. FILACE. Se venisse Forca o Pirino, che dirogli? MANGONE. Guardatevi da loro come dalle serpi!
MANGONE. Ella è vivanda riserbata per la tua bocca. DOTTORE. Mangone, sai che vorrei dire? MANGONE. T'intendo: che Pirino non mi faccia qualche burla. Ti rispondo che le burle sono bene ad inventarle e ordinarle, ma a far che riescano, eh ci vuol altro che parole! DOTTORE. Intendo che ha un servo molto astuto e sottile... MANGONE. Come quello uccello che porta il grano al molino.
FORCA. Canchero! pormi a pericolo d'una perpetua galea e prepararmi un seminario continuo di buone bastonate: per sodisfare a' vostri capricci, cado in pericolo maggiore di essere ammazzato dalla vostra furia. PIRINO. Perdonami, per amor di Dio. FORCA. Meglio sará per me che non m'impacci con i vostri amori.
PIRINO. Chi me li dará, se non è sensal ne' banchi che non m'abbia in lista; e quando mi sentono nominare: «O che ditta, o che mercadante da tor ad occhi chiusi!». Poi, non sai che è fatta una pragmatica, che non si dia robba in credito a figli di famiglia? FORCA. Dunque questa pragmatica vieta ancora a me, che non t'abbi credito di quella somma di danari che m'hai promessa.
DOTTORE. Dio me ne guardi; vorrei piú tosto perder quante robbe ho al mondo! Ma Pirino che t'offerisce? MANGONE. Pirino è un giovane attillato, pulito, che non ha che fare se non l'amor con le fenestre, non ha altro in bocca che «occhi», «vita», «speranza», «spirito» e «anima»; e pensa con le sue levate di barretta, inchini e parole profumate tormela di mano; ma erra, ch'io vo' danari, danari.
PIRINO. Dio ti salvi, reina di tutte le belle. MELITEA. Io regina? io bella? O con quanta piú ragione mi aresti chiamata la piú miserabile di quante vivono. PIRINO. Mi comandate che balli un ballo e vi canti una canzona? Rispondetemi. MELITEA. Il dolore è cosí impadronito di me, che sto con l'animo tanto lontano da me quanto ti son vicina col corpo.
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