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Aggiornato: 26 giugno 2025


Or non avete promesso con giuramento darla a vostro figlio? PANDOLFO. Passa inanzi. CRICCA. Io non vo inanti indietro, ché l'inganno è vostro.... E cosí i drappi e i paramenti e le robbe stan consegnate in poter di un uomo da bene, finché vegnate voi a riconoscerle e riceverle. PANDOLFO. Che si fará dell'astrologo? non bisogna vendicarmene, alterarmene?

PANDOLFO. Ed io prima di tutti. E per maggior sicurezza della mia voluntá, sapendo quanto gli animi giovanili siano pronti e leggieri a promettere e poi a pentirsi, vuo' che le promesse si confermino, ché non abbiamo a rampognar poi e a litigare: Non la intendeva cosí, non mi pensava cosí. ARTEMISIA. Oh come dice bene! LELIO. Anzi benissimo! PANDOLFO. Io voglio essere il primo a giurare.

CRICCA. Bisogna menar i piedi, non le mani. PANDOLFO. Mi sento venir meno. CRICCA. Vi perdete nella felicitá. PANDOLFO. Pensando che ho da incontrarmi con Artemisia io moro. CRICCA. Che fareste se aveste ad affrontarvi con un toro, se avendo ad affrontarvi con una vacca morite? PANDOLFO. Oimè, l'astrologo ha saputo trovare il felice punto per transformare il vignarolo!

PANDOLFO. L'astrologo. CRICCA. E che, gli astrologhi sono Orlandi? CRICCA. Or andiamo dove volete. PANDOLFO. Ecco la casa: dimanda costui. CRICCA. Costui mi pare da Fuligno. PANDOLFO. Che vuol dir «fuligno»? CRICCA. «Degno di una fune e d'un legno»! GRAMIGNA. Che dimandate voi? PANDOLFO. Sète di casa? GRAMIGNA. Son servo dell'astrologo divino.

PANDOLFO. Orsú, Guglielmo caro, ognun pende dalla vostra bocca, non s'aspetta altro che la vostra sentenza: voi sète il giudice, la ruota e tutto il tribunale, e il vostro decreto sará inappellabile.

PANDOLFO. E perché è gran tempo che ti conosco, per ciò ho usato tanto proemio. CRICCA. Per chi donque mi conoscete? PANDOLFO. Per un grande uomo! Se non fussi un gran furfante e se avessi la coda dietro, saressi un diavolo per un uomo, ché vuoi far piú per Eugenio mio figliuolo che per me.

PANDOLFO. Or io vorrei.... ALBUMAZAR. So meglio indovinare il vostro cuore che voi stesso non sapete. Voi vorreste che lo facessi risuscitare, e che tornasse a casa sua e vi attendesse la promessa, e poi tornasse a morire? PANDOLFO. Questo è il mio desiderio.

VIGNAROLO. Il vostro perdono non lo voglio, perché non lo merito. PANDOLFO. Perdonami a me, ché lo merito io. Ma dove sono gli argenti e i drappi che ti ha consegnato l'astrologo? VIGNAROLO. Che argenti, che drappi? PANDOLFO. Or questo sarebbe un altro diavolo! VIGNAROLO. Quando disse che voleva trasformarmi, mi bendò gli occhi; e quando mi tolse la benda, trovai la camera sgombrata.

PANDOLFO. Io non so perché tanto gridi, o Cricca. CRICCA. Non vedete il vostro vignarolo trasformato in Guglielmo, e tanto trasformato in Guglielmo che il vero resta vinto dal falso, perché il falso è piú vero del vero? Veggio il simulacro e l'imagine di Guglielmo cosí naturale che, se fosse fatto a stampa o dentro le forme, non potrebbe essere piú simile.

PANDOLFO. Tu sai che ci convenemmo insieme con Guglielmo, io dargli Sulpizia mia figliuola per moglie, ed egli a me Artemisia sua figliuola, chiedendomi due mesi a fare le nozze, finché andasse e tornasse di Barberia.... CRICCA. Ed in un'ora non poteva andare e ritornare dalla barberia? PANDOLFO. Come in una ora si va nell'Africa? CRICCA. Io pensava dalla barberia a farsi radere la barba.

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